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Se la destra occupa gli spazi abbandonati dalla sinistra. E viceversa

Alfonso Berardinelli

Tipi umani (e politici). Volpi e ricci, diabetici e allergici

Ho dedicato il mio ultimo articolo alla contrapposizione o dicotomia fra il tipo umano del “riccio” e quello della “volpe” definiti da un grande storico delle idee come Isaiah Berlin. L’umanità sembrerebbe divisibile secondo due idee: da un lato la monistica chiusura dentro un’unica grande idea e dall’altro il pluralistico impulso a esplorare avventurosamente l’inesauribile varietà del mondo. Idealismo e realismo? Fede esclusiva e tollerante, o scettica apertura alle esperienze? Fondamentalismo o democrazia? Alla fine Berlin, che sembrava parteggiare per la pluralistica volpe, concludeva che non bisogna mai esagerare, non estremizzare, non contrapporre, né separare troppo, perché abbiamo bisogno, di volta in volta, di una cosa o dell’altra, dell’identità e dell’alterità, anche rispetto a noi stessi. Rimbaud arrivò a dire che “l’io è un altro”.

 

Le dicotomie sono maneggevoli, comode, divertenti, adrenaliniche, tanto è vero che nella nostra vita mentale e pratica ne abusiamo spesso anche senza saperlo. Ma indubbiamente suscitano spirito di lotta. Potere o libertà. Amore e odio. Destra e sinistra. Lo stato e il popolo. Il cosmopolitismo e il nazionalismo. L’ordine rassicurante o il caos vitale. Anoressia e bulimia. Yin e Yang… si può continuare a piacere e all’infinito. Ci alimentiamo con i contrari. Dante o Boccaccio? Tolstoj o Dostoevskij? Kafka o Hemingway? Pasolini o Calvino? José Ortega y Gasset, il maggior filosofo spagnolo del secolo scorso, diceva che fra gli europei e gli asiatici la differenza è netta: gli europei si sentono sempre individui precisamente delimitati, mentre gli asiatici questo non lo sopportano e tendono ad annegare felicemente nell’infinito del Nirvana.

 

Basta così. Ma ora vedo che è stato ristampato un diario postumo di Carlo Levi, Quaderno a cancelli (Einaudi), nel quale viene accuratamente teorizzata un’altra dicotomia. Carlo Levi (anche pensando a se stesso, credo, per gratificarsi) oppone i Diabetici agli Allergici. I primi incarnano l’apertura, i secondi la chiusura. Il diabetico vorrebbe “amare ogni oggetto e essere vivente, e circolare dappertutto, come un sangue vitale, senza frontiere”. Mentre l’allergico ce l’ha “sempre contro qualcuno, contro l’altro, un altro”.

 

Ecco: il mondo è diviso fra simpatici (i diabetici) e gli antipatici (gli allergici). Ma come non pensare che se il diabetico non vuole morire per eccesso dei suoi generosi zuccheri, ha un fisiologico bisogno di autoimmunizzarsi con qualche sana allergia che non lo faccia esplodere e polverizzarsi nel mondo di fuori, un mondo dal quale bisogna pur distinguersi? Forse l’individualismo autodifensivo è una malattia o promette di diventarlo, ma anche il collettivismo e il comunitarismo non scherzano… Bisogna sempre cambiare, rinnovare, aprirsi senza conservare niente, senza essere fedeli a niente? Non si può negare che Carlo Levi fosse allergico al fascismo e al suo genere di “populismo di stato”, mentre poi negli anni Cinquanta scrisse un magnifico, populistico saggio sul “popolo di Roma” e le sue naturali virtù (popolo e virtù che la storia successiva avrebbe cancellato).

 

Se torno su questo tema, ci dev’essere una ragione. Anzi ce ne sono almeno due: una pubblica e una privata, una divertente e una disperante. Quella pubblica e disperante riguarda lo scontro politico in Italia e non solo. La destra occupa gli spazi che la sinistra abbandona e dimentica: il bisogno di sicurezza e la sensazione diffusa che qualcosa di invasivo, che arriva da fuori senza controllo, può privarci dell’ambiente sociale a cui siamo abituati e che facilmente riconosciamo e controlliamo. Siamo animali gelosi del proprio habitat. Se proviamo a teorizzare che gli esseri umani non hanno niente, ma proprio niente di animale, nessun istinto primario aggressivo e difensivo, facciamo torto alla realtà e alla scienza. Se però vogliamo che questi istinti siano di per sé dei valori morali e civili, cadiamo in un brutale darwinismo. La sinistra, infatti, occupa gli spazi che la destra abbandona e dimentica: la morale umanitaria e democratica, l’etica cristiana e costituzionale, l’accettazione equilibrata di fenomeni sociali nuovi e inarrestabili.

 

Ognuno di noi, credo, è personalmente esperto di questo perpetuo, quotidiano bilanciamento fra opposti sentimenti e principi. Io per esempio (ognuno ha un io) li vivo anche in casa. Mia moglie è una volpe diabetica, io un allergico riccio. Ma non sempre. Quando lei porta e tiene in casa ogni genere di oggetti affascinanti e indiscriminati, lei è diabetica e io allergico. Quando io porto in casa libri e giornali, sono diabetico io e allergica lei.

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