
Un manifesto per le macchine da scrivere Olivetti del 1912 disegnato da Teodoro Wolf Ferrari (LaPresse)
Il poeta giudicante
Gli scrittori contemporanei vogliono farci sempre la morale. Manco fossero tutti Dante, maestro dell’Aldilà. Lezioni utili
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Una delle prime cose che ci insegnano a scuola riguardo al nostro più grande scrittore, Dante – subito dopo averci comunicato che è stato il più grande – è che, in buona sostanza, sappiamo tutto della sua vita. E non intendo dire solo che della biografia di Dante si conosce relativamente molto (anche se in realtà la documentazione diretta non è molta); intendo dire che in Italia siamo portati a vedere in Dante il supremo esempio di quella capacità positiva, tipica della poesia premoderna, di pretendere di dire la “verità”: un uomo, quindi, che ha opinioni solide e convinzioni incrollabili, che ha molti dubbi ma sa come affrontarli e risolverli e che pur assumendo cento maschere (i molteplici personaggi della Commedia) prova un’empatia rigidamente regolata dalle sue convinzioni etiche (il personaggio di Dante ha pietà di Paolo e Francesca; l’autore della Commedia li condanna senza riserve) e in tutte le sue opere poetiche (Rime, Vita nuova, Commedia) è ovunque e sempre presente, come un dio che si incarna continuamente.
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