(screenshot da Youtube)

Bill Hicks, il comico-santone che ha cambiato per sempre la stand up comedy

Alessandro Ferri

Su YouTube il meglio del suo repertorio. Parla il fratello Steve

E’tutta questione di equilibri che vengono rotti prima o poi da qualcuno che vuole cambiare le cose, succede sempre così. Prendete William Webb Ellis, che si stanca delle regole del football, prende il pallone in mano, corre da solo fino a fondo campo e inventa il rugby. Vai a capire se nel 1823 avesse la minima cognizione del fatto che aveva appena dato vita a uno degli sport più praticati e seguiti al mondo, poco importa. Anche nel caso di Bill penso sia stato così: i familiari, gli amici, il mondo, fermi a guardarlo, mentre lui corre beffardo e sornione verso la meta perché si è stancato di subire la storia e vuole diventarne parte.

Questo è stato il mio pensiero subito dopo aver parlato con Steve Hicks, Fratello di Bill, lo stand up comedian scomparso nel 1994 che ha riscritto il paradigma del rapporto showman-pubblico prima negli Stati Uniti, poi, dopo la sua morte, nel mondo. Descrivere Bill Hicks non è facile: un personaggio poliedrico, schietto, quasi boccaccesco nel suo dipingere una realtà che attraverso i suoi monologhi appare più cruda e disincantata di quanto ogni essere umano possa percepire autonomamente. Eppure, nel nichilismo incarnato dai temi trattati, dalle espressioni del viso, dall’uso delle imprecazioni perfettamente funzionali a un progetto di conversione degli ascoltatori verso il suo culto, verso l’immagine di un comico-santone che invitava l’umanità intera alla riflessione sulle ragioni della propria esistenza, si vedevano degli aspetti più profondi che riguardavano una sfera personale e intima. Le origini del mito sono quelle classiche di un ragazzo che capisce il suo talento e inizia ad affinarlo già in tenera età: “Quando aveva 11 o 12 anni – racconta Steve – iniziò a scrivere battute e barzellette in camera sua. Faceva scorrere i fogliettini sotto la porta della mia camera per avere un feedback e, anche se alcune facevano ridere e altre no, era chiaro che il suo futuro non sarebbe stato quello di una persona ordinaria: liceo, college e un lavoro con un capo per tutta la vita”.

 

Chissà cosa sarebbe stato del contributo di Bill alla cultura pop americana se suo fratello avesse ritenuto sciocche quelle battute o se non avesse avuto il tempo di leggerle. Chissà, nell’eterna mutabilità delle cose, quante volte quello che è ritenuto universalmente come uno dei migliori comici della storia non è stato ingaggiato per una serata, è stato trattato con sufficienza o peggio, con sospetto (lo sa bene David Letterman, che solo nel 2009, dopo essersi scusato con la madre del comico, manderà in onda la performance al suo talk-show, che era stata censurata nel 1993). Nessuno può dirlo, ma fortunatamente siamo qui a parlare di come, grazie soprattutto alla pubblicazione su YouTube di tantissimo materiale inedito, l’Hicks-pensiero riesce ancora oggi a porre al pubblico quegli interrogativi esistenziali proposti attraverso l’espediente della battuta, quegli interrogativi visionari negli anni 80-90 e tremendamente attuali oggi.

Guerra, religione, debolezze dell’uomo sono il bersaglio di una satira talmente sprezzante da colpire ora più che mai il senso intimo di salvaguardia, quasi ad attaccare alla radice quei valori tipici della cultura occidentale che, sotto i colpi di microfono di Hicks, vacillano più che mai. “Penso che mio fratello fosse così intelligente – afferma Steve – da poter vedere l’andamento generale del mondo: ciò che era rilevante e importante venticinque o trent’anni fa, quando si esibì, è ancora rilevante e importante oggi”. Questo forse è il plus dell’opera hicksiana, un rapporto totale con il pubblico, un fil rouge che non è stato interrotto dal cancro, né dalla morte e che in un certo senso ha tenuto e continua a tenere vivo quel ragazzo spavaldo della Georgia, scomparso solo fisicamente venticinque anni fa.

“Quando nuove persone scoprono online il lavoro di Bill, molti sentono di assistere a qualcosa fatto di recente. Mio fratello parla ancora al cuore di tanta gente che è messa alla prova dalle avversità della vita. Le parole di Bill offrono ad alcune persone un conforto perché fa capire loro che non sono soli.” Quanto resta però di inedito nel repertorio di Bill Hicks? La risposta di Steve è molto chiara: “Il meglio è già a disposizione del pubblico. Rimangono ancora venticinque ore di materiale video e cinquanta di audio che però non sono di qualità altissima. Molti file sono corrotti, ma ciò che è salvabile verrà pubblicato sul canale YouTube ufficiale Bill Hicks Personal Collection, Rare and Unusual. Apprezziamo il supporto dei fan di tutto il mondo anche nel reperire questo materiale. Fuori dal palco però c’è un Bill diverso, sempre divertente e allegro, ma attento agli altri e generoso: “Nella vita di tutti giorni era solo un bravo ragazzo. Adorava stare in famiglia, ha amato e viziato i suoi nipoti Rachel e Ryan, ma non solo. Ancora oggi tanti fan ci raccontano atti di generosità o di semplice gentilezza che noi non conoscevamo e che rendono ancora l’idea di che persona fosse.”

Poi aggiunge: “Mi ricordo che il giorno del suo diploma, Bill aveva uno spettacolo in un Comedy Club, quindi decise di non andare alla cerimonia per esibirsi. I nostri genitori andarono da soli a ritirarlo! Questo racconta quanto la sua mente fosse rivolta alla sua carriera e quanto fosse determinato.” Bill Hicks rimane dunque uno dei numi tutelari per chi si appassiona alla stand up comedy, un genere che sta prendendo piede solo ora in Italia, ma che esiste e prospera in tutto il mondo da più di mezzo secolo. Qual è dunque l’insegnamento che si può trarre dalla carriera e dallo stile di Bill Hicks? Suo fratello suggerisce, con l’esperienza di chi ha raccolto fogliettini da sotto la porta della camera fin dagli inizi, di perseverare e di creare uno stile proprio, di non arrendersi ai primi no e di essere forti. “Tra venticinque anni sentiremo ancora parlare dell’eredità artistica di Bill Hicks”, conclude Steve. “Ce lo auguriamo tutti” aggiungo io.

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