Da Cristina D'Avena a Salvini. I cent'anni di Zorro, il primo dei supereroi

Maurizio Stefanini

Prima di cinema e tv, la storia di Don Diego Vega era stata un romanzo. Con un successo talmente strepitoso, da far girare quasi subito un film

Un supereroe senza superpoteri

A maggio è tornato a sventolare la sciabola. Bandana nera sugli occhi e mantello svolazzante, ha occupato per giorni i social network e i discorsi della rete. Ma, sotto il cappello di feltro, al posto del viso di Don Diego c'era quello del ministro dell'Interno Matteo Salvini.

    

  

Al Salone di Torino, il dibattito ha ruotato, per lunghi giorni, attorno a “Io sono Matteo Salvini”, il libro della casa editrice Altoforte, vicina a CasaPound, dedicato al leader leghista. La prima pagina del testo scritto da Chiara Giannini raccontava che il vicepremier di ingiustizie ne ha subìte tante nella vita, sin da bambino: “All’asilo gli rubarono il pupazzetto di Zorro”. Un brano che ha scatenato l’ironia della rete, tra tweet sarcastici e fotomontaggi.

   

    

Ma, ben prima di fare piangere il piccolo Salvini, il vendicatore mascherato aveva già sedotto intere generazioni. Cent’anni fa, il 6 agosto del 1919 apparve ufficialmente il primo dei supereroi. Un supereroe senza superpoteri, in realtà. Zorro, che poi in spagnolo significa “volpone”, si limita a essere imbattibile con la spada. “Zorro Zorro Zorro/ di te chi è cattivo ha paura/ Zorro Zorro Zorro/ la tua spada è giustizia sicura/ Zorro Zorro Zorro a cavallo di notte colpisci/ Zorro Zorro Zorro è una zeta la firma che lasci”, riassumeva in modo ingenuo ma efficace una sigla tv del 1977.

  

Anche se i più giovani forse ricordano soprattutto Cristina D’Avena nella sigla italiana dell’anime in 52 puntate del 1994.  

  

 

 

Però, del supereroe Zorro ha tutto il resto: la doppia identità; la maschera; il costume; la lotta per il bene e contro il male. E a guardar bene, poi, non è anche Batman un supereroe senza superpoteri ma solo appoggiato alla sua straordinaria prestanza atletica e al suo acume, oltre che alle diavolerie da lui inventate? Attenzione, anche Batman nel 2019 ha celebrato un anniversario tondo: 80 anni, giusto lo scorso 27 maggio. Non è un uomo-volpe, ma un uomo-pipistrello. Però è al costume di Zorro che Bob Kane si ispirò per disegnare il suo eroe, ed è all’uscita di un cinema dove hanno visto “Il segno di Zorro” che Bruce Wayne da ragazzino vede il padre e la madre uccisi da un rapinatore. “Giuro sullo spirito dei miei genitori di vendicare la loro morte spendendo il resto della mia vita a combattere contro tutti i criminali”, è il suo voto.

Il primo film

  

“The Mark of Zorro”, questo è il titolo in inglese, fu nel 1920 il primo film a sfruttare il personaggio, interpretato da un Douglas Fairbanks autore anche della sceneggiatura. Ma con lo pseudonimo di Elton Thomas: quasi a  volersi anche lui attenere a questa logica dell’identità segreta, che in effetti è la ricetta del successo di questo tipo di personaggi: nel senso che qualunque cittadino timido e un po’ frustrato può sognare che dietro la sua dimessa immagine alla Don Diego o Clark Kent possa poi saltare fuori un imbattibile giustiziere alla Zorro o alla Superman, per sconfiggere il male. O almeno per castigare chi lo avvilisce.

Il primo sequel e le 37 pellicole

  

Lo stesso Fairbanks nel 1925 interpretò un sequel: “Don Q Son of Zorro”, in italiano “Don X, figlio di Zorro”. Ma di pellicole da allora ne sono uscite 37, più 10 serie televisive, un musical e un numero imprecisabile di serie a fumetti.

Da Jacovitti alla Marvel

Tra queste ultime, a proposito di supereroi, merita di essere segnalata quella realizzata proprio dalla Marvel negli anni ’90. E in Italia la parodia Zorry Kid, disegnata da Jacovitti tra 1968 e 1973.

Baffi siciliani e Guerra Fredda

 

A proposito di serie tv, a parte l’anime del 1994, una serie attraverso cui il mito di Zorro si trasmise a varie generazioni è stata quella Disney in onda negli Usa tra 1967 e 1959, con protagonista Guy Williams. Il cui vero nome era Armando Joseph Catalano, e se diciamo che era figlio di messinesi tutti si accorgeranno all’improvviso che quella faccia e quei baffetti in apparenza così ispanici in realtà sono appunto tipicamente siciliani. Realizzati in tempo di Guerra Fredda, quei telefilm vedono Zorro mobilitarsi contro un complotto russo per mettere le mani sulla California. La Russia zarista, che effettivamente all’inizio dell’800 aveva iniziato dall’Alaska a spingere e proprie base via via sempre più a sud. Costringendo dunque gli spagnoli a occupare effettivamente la fino allora piuttosto negletta California, apposta per allontanare quella minaccia dai confini messicani. Però era una sfida che adombrava chiaramente quella sovietico-comunista, anche per il modo subdolo con cui il rappresentante dello zar trescava con traditori locali.

 

In Italia iniziò a essere trasmessa dal 1966, e da allora non è mai sparita. Titolata all’inizio “La spada di Zorro” e all’inizio in bianco e nero, negli anni ’90 fu colorata.  “Zorro, Zorro,/ the fox so cunning and free,/ Zorro, Zorro, who makes the sign of the 'Z.'”, era la famosa sigla originale. Negli anni ’90 la tradussero in italiano: “Zorro, Zorro/ lui ha la vita segreta/ Zorro Zorro/ il segno suo è la zeta”.

  

Tutte le maschere (cinematografiche) di Zorro

Ma Douglas Fairbanks e Guy Williams a parte, anche altri famosi attori hanno interpretato il giustiziere della Zeta. Nel 1940, in particolare, un nuovo “Segno di Zorro” stavolta sonoro fu fatto da Tyron Power; nel 1975 uno “Zorro” da Alain Delon; nel 1995 “La maschera di Zorro”, in cui il primo Zorro più anziano Anthony Hopkins addestra un nuovo Zorro più giovane Antonio Banderas; nel 2006 un sequel “The Legend of Zorroancora con Banderas.

 

  

Ma in Italia abbiamo avuto anche due “Il sogno di Zorro” parodistici: del 1952 con Walter Chiari e del 1975 con Franco Franchi. Negli anni ’60 Cinecittà tanto per fare qualcosa di nuovo pensò anche di mettere Zorro assieme ai Tre Moschettieri, a Maciste, alla Corte di Spagna e alla Corte di Inghilterra. C’è anche un fumetto della Topps Comics anni ’90 che lo confronta a Dracula.

Personaggio storico o di fantasia?

Prima di cinema e tv, però, la storia di Don Diego Vega che assieme al suo servitore sordomuto Bernardo e all'innamorata Lolita Pulido, nella California di primo ‘800, vive da ricco infingardo di giorno per trasformarsi in eroe di notte era stato un romanzo. “The curse of Capistrano”, cioè “La maledizione di Capistrano”, pubblicata in cinque puntate sulla rivista pulp Argosy All Story Weekly, a partire dal 6 agosto 1919, e a firma di Johnston McCulley  Con un successo talmente strepitoso da far girare quasi subito il primo film.

 

Almeno ufficialmente. Ma qualcuno pensa che in realtà un personaggio simile a Zorro sia esistito sul serio. Isabel Allende, ad esempio, nel suo romanzo del 2005 “Zorro. L’inizio della leggenda” immagina un giovane meticcio che prima di diventare Zorro in California impara a combattere nella guerriglia spagnola contro Napoleone e incrocia personaggi storici come la scrittrice George Sand, il pirata Jean Lafitte e la sacerdotessa vudu Marie Laveau. Il paleografo italiano Fabio Troncarelli nel suo libro del 1999  “La spada e la croce. Guillén Lombardo e l'inquisizione in Messico” spiegò che Zorro era stato il soprannome di William Lamport, alias Guillén Lombardo: uno spadaccino e avventuriero di origine irlandese che però era anche un rivoluzionario, e che per aver predicato un Messico indipendente e democratico fu giustiziato dall’Inquisizione nel 1659. Insomma, un contemporaneo e omologo di Masaniello.

Pablo Neruda e il prototipo di Zorro a teatro

 

Nel 1967, però, in Cile era stata rappresentata “Fulgor y Muerte de Joaquín Murieta”: un’opera di teatro musicale. Testi di Pablo Neruda, quattro anni dopo Nobel per la letteratura; musiche di Sergio Ortega, autore di alcuni delle più famose canzoni di quegli Inti Illimani che nel loro repertorio inclusero due brani da quest’opera. “Así como hoy matan negros” e “Ya parte el galgo terrible”. È la storia romanzata di Joaquín Murieta: un bandito ispanico che agì nella California della corsa all’oro, a metà dell’Ottocento. Ucciso in un conflitto a fuoco il 25 luglio del 1853 a soli 24 anni, era quasi certamente messicano, e presumibilmente nulla più di un volgare delinquente. Ma già nel 1854 il romanziere di origine cherokee John Rollin Ridge scrisse su di lui una dime novel: uno di quei romanzi popolari che anticiparono i fumetti, i film e gli sceneggiati. E lì fu trasformato in un “Robin Hood della California”: un minatore che si era ribellato ai soprusi sia in chiave sociale, difendendo i poveri dai ricchi; sia in chiave nazionalista, difendendo gli ispanici dai conquistatori yankee. E sarebbe stato lui il prototipo a cui avrebbe attinto McCulley.

Querelles latino-americane

Leggenda nella leggenda, il rapinatore messicano trasfigurato nel giustiziere mascherato secondo i cileni sarebbe stato dunque un loro emigrato, un poveraccio finito in California approfittando di uno scalo in Cile di una delle navi che prima del Canale di Panama e della ferrovia transcontinentale portavano attraverso lo Stretto di Magellano e Capo Horn quei pionieri e cercatori d’oro che volevano risparmiarsi il pericoloso viaggio di terra con le carovane di carri tirati dai buoi. Per il comunista Neruda il bandito buono Murieta era un tipico eroe anti-imperialista. Per molti messicani invece sono i cileni che col “furto di Murieta” manifestano quello stesso spirito imperialista che durante la ottocentesca Guerra del Pacifico li portò a “rubare” ai boliviani Antofagasta e ai peruviani Arica e Iquique. Ma queste sono querelles latino-americane su cui non è questa la sede per decidere.

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