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“Tramedautore”. Meglio il teatro al Piccolo dei festival letterari

Stefania Vitulli

"Human Animal", "Il re pallido" e "Walk". Invece che in libreria questa settimana facciamo un salto a teatro

Prendiamo Michele Santeramo. Uno dei suoi modi di trovare le storie è aspettare mentre il personaggio, creato da lui, passa da un’azione alla successiva. Metti che lo abbia piazzato dentro una casa, dietro una porta, a pulire il pavimento. A un certo punto suona il campanello e il personaggio va ad aprire: sulla soglia c’è una persona che non conosce, la invita comunque a entrare. Continuerà a lavare il pavimento oppure no? Aspettiamo. Ecco che riprende lo scopettone e intanto ascolta quello che il tipo appena arrivato gli racconta. Ma come ci si sente con lo scopettone in mano, mezzo pavimento bagnato e la schiena curva di fronte a uno sconosciuto? Stiamo con lui, prendiamo anche noi lo scopettone in mano e aspettiamo. Non è che Santeramo riveli questo suo processo creativo a chiunque: di solito si impegna a darne conto nei corsi di drammaturgia che tiene ogni tanto. Ecco: il dilemma dello scopettone – che dovrebbe intrigare ogni scrittore perché possa emozionare il suo pubblico – seduti in platea a guardare Santeramo lo si percepisce. Da quanti romanzi italiani contemporanei possiamo dirci intrigati in quello stesso modo?

 

Santeramo è il drammaturgo che con “Il nullafacente”, in prima milanese, apre domani la diciottesima edizione di Tramedautore, ideato e organizzato da Outis, al Piccolo Teatro Grassi. Ce ne sono una decina, di spettacoli (si va avanti fino al 23 settembre). In questo, si può accettare di chiamarlo “Festival Internazionale delle Drammaturgie”. Ma, anche se siamo a teatro, rischia di essere l’evento letterario più interessante di questo settembre, alla faccia di Mantova, Sarzana, Pordenone e pure della finale del Campiello prevista per sabato alla Fenice. Con il senso che si dà alla parola “festival letterario” in Italia, ovvero accumuli di normali presentazioni di libri camuffate da eventi straordinari in cui lo scrittore si fa o showman o provetto oratore pronto agli exit poll, Tramedautore non ha niente a che fare. E non solo perché siamo a teatro. Ma perché i testi presentati, per scrittura e per plot, sembrano, allo stato dell’arte, prove di letteratura più interessanti di tanta merce esposta in libreria.

 

Santeramo, dicevamo: “Il nullafacente” poteva benissimo diventare un romanzo. C’è un protagonista forte, che ha un suo approccio esistenziale strutturato: riprendersi il proprio tempo (non l’éra, non l’età, non il passato o il futuro). Il tempo e basta, quello che ci resta da vivere, ogni minuto, fino alla fine. E scopre che il modo migliore per farlo è non cedere alle urgenze imposte dalle bollette, dalle relazioni e nemmeno dall’intimazione di sfratto. Stare, invece. Stare dentro il tempo e non fare assolutamente niente di fronte alle pressioni sociali. Roba su cui si può anche non essere d’accordo, ma che di certo non s’improvvisa. Romanzi sarebbero stati molte delle altre trame, e linguaggi, scelti dal direttore artistico Michele Panella. Come “St(r)age” di bologninicosta (sabato), in cui agli attori per vincerla sul precariato non resta che suicidarsi; o “Sister(s)” degli exvUoto (17 settembre) in cui due fratelli a Rovigo danno un nuovo senso alla francamente frusta definizione di Millennial; o “Aplod” di Fartagnan (20 settembre), distopia in cui in un futuro perfetto su internet non si possono più caricare video e se ci metti quello di un gattino puoi beccarti cinque anni per condivisione.

 

Ma basta aggiungere i paradossi dei tre impiegati dell’Agenzia delle Entrate di “Human Animal” di La ballata dei Lenna (16 settembre), che prendono le mosse da “Il re pallido” di Foster Wallace, o “Walk” (19 settembre) o il progetto che vede riuniti Accademia di Brera, Conservatorio Giuseppe Verdi, Civici Corsi di Jazz, DanceHaus e Outis – che “romanza” il vagabondo de “La società dell’incertezza” di Bauman – per capire che il materiale non va solo nella direzione letteraria partendo dal teatro, ma fa anche il percorso inverso. Vale la pena allora che invece che in libreria questa settimana si faccia un salto a teatro: l’esplorazione del linguaggio e dello stile – corrotta nella narrativa italiana contemporanea da quello che qualcuno ha chiamato “italiano da editor” – nei drammaturghi millennial in scena al Piccolo potrebbe ritrovare il suo grande avvenire dietro le spalle.

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