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Il Foglio internazionale

Il viaggio di Ahmari da Roma a Teheran

Redazione
"A scuola avevo cominciato già a scontrarmi con il mio insegnante di Corano, il cui vero compito era di inculcare negli studenti l’ideologia del regime, un miscuglio di sciovinismo sciita, anti americanismo e odio per gli ebrei”. Dallo sciismo iraniano al marxismo, per poi approdare al binomio “libertà e occidente”.

Il Catholic Herald ha pubblicato un lungo articolo di Sohrab Ahmari, scrittore ed editorialista del Wall Street Journal, in cui l’autore spiega il suo percorso da sciita laico cresciuto nell’Iran a convertito cattolico che vive negli Stati Uniti. La conversione di Ahmari è avvenuta dopo l’assassinio dello scorso luglio in Francia di padre Jacques Hamel, ad opera di due jihadisti, ma è l’atto finale di un lungo percorso di scoperta interiore. “Quando avevo 12 anni decisi che Dio non esisteva (…) la religione era poco più di un rituale di pubblica ipocrisia (…), a scuola avevo cominciato già a scontrarmi con il mio insegnante di Corano, il cui vero compito era di inculcare negli studenti l’ideologia del regime, un miscuglio di sciovinismo sciita, anti americanismo e odio per gli ebrei”.

 

Ahmari era incoraggiato dal fatto che di lì a breve lui e la madre avrebbero ottenuto un visto per emigrare negli Stati Uniti, a Eden, nell’Utah mormone. Adattarsi al nuovo mondo non fu semplice: “Il mormonismo fu uno choc, così come lo fu essere declassati. Parlavo l’inglese correntemente prima ancora di mettere piede negli Stati Uniti. Tuttavia, comprendere i costumi americani fu più difficile (…). Se l’islam sciita, con la sua ricca iconografia e teologia, era del tutto ipocrita, allora il mormonismo e l’etica protestante e l’allegro consumismo americani erano ancora più spregevoli”. Ahmari iniziò a divorare libri, intraprendendo un personale percorso di scoperta filosofica. “Cominciai con il mezzo pazzo Nietzsche. Zarathustra parlava alla mia anima. Nietzsche mi svelò l’intera costellazione della filosofia (principalmente Sartre e Camus) e della letteratura esistenzialista”.

 

Dopo ci fu l’incontro con il marxismo, “nello specifico il trotzkismo, versione romanticizzata di quell’ideologia totalitaria. A posteriori, è ovvio perché il marxismo mi attirasse. Si sposava con l’anti-americanesimo ancora inculcato nella mia mente iraniana. Con il marxismo, potevo contestare gli Stati Uniti in quanto egemone capitalista malvagio, senza dover accettare allo stesso tempo le chiacchiere insensate del fanatismo sciita”. Più tardi “cominciai ad apprezzare la bellezza e l’ordinata libertà che vedevo intorno a me. Queste riflettevano una verità di fondo”. Il riconoscimento dei fondamenti giudeo-cristiani dell’occidente fu il primo passo vero la conversione, seguito da un primo contatto con la religione:  “Due volte, dopo una sbronza mi sono trovato istintivamente ad andare a una messa cattolica. Mi sedevo sulle panche e sentivo una sensazione di pace invadermi. (…) La natura gerarchica della Chiesa mi attirava. Con il cattolicesimo vi è l’assicurazione aggiuntiva che proviene da due millenni di autorità ininterrotta”. Tutto ciò porta Ahmari a concludere che,  “ora posso pregare, senza sentirmi ipocrita: ‘Ave Maria, piena di grazia’”.