Solo per adulti

Annalena Benini
La linea d’ombra è sempre indefinita. La svolta dentro l’età adulta, quando si prende atto di essere diventati grandi è un momento piuttosto sfuggente che non ha molto a che vedere con l’età e che spesso si sposta avanti oppure indietro, dipende da come va il mondo e da quel che succede.

La linea d’ombra è sempre indefinita. La svolta dentro l’età adulta, quando si prende atto di essere diventati grandi (e anche di essere soli) è un momento piuttosto sfuggente che non ha molto a che vedere con l’età (diciott’anni, ventun anni, votare, la laurea, un lavoro) e che spesso si sposta avanti oppure indietro, dipende da come va il mondo e da quel che succede (a cinquant’anni, poi, spesso, si fa un improvviso salto all’indietro, e chi è arrivato all’età adulta decide a volte di impazzire e di comprare un giubbotto di pelle). Lo sviluppo cerebrale raggiunge la completezza intorno ai ventun anni, ma nel 1935 l’Unione sovietica abbassò l’età minima per la pena di morte dai diciotto ai dodici anni, e molti comunisti francesi dissero che era comprensibile, in un paese tanto avanzato si diventa adulti (e dunque responsabili) più in fretta.

 

Un adulto di dodici anni, un bambino di trentotto che non vuole dire addio alle lasagne della mamma a pranzo, al riposino nella cameretta. Ma se invece si esce di casa presto, si diventa autosufficienti, è questo il momento in cui si può dire di essere cresciuti? Secondo l’Atlantic, l’età adulta è una costruzione sociale molto complessa e in movimento continuo. Si può essere fisicamente maturi (anche stempiati, o in cerca di botox che impedisca le rughe sulla fronte), cerebralmente compiuti, ma per niente adulti, incapaci di accettare se stessi e le responsabilità verso gli altri: si può avere un’età adulta ed essere ancora del tutto adolescenti, in attesa di futuro e di qualcuno che sbucci la frutta per noi. Molti dicono: sono diventato adulto quando è nato mio figlio. Altri: quando ho smesso di stare su Instagram. E lo dicono con un po’ di malinconia, di rimpianto verso qualcosa di molto desiderabile: una responsabilità mai definitiva. La possibilità di cambiare ancora tutto.

 

[**Video_box_2**]I fallimenti dell’età adulta hanno conseguenze reali, e le ambizioni irrealizzate a un certo punto assumono il peso di qualcosa di immodificabile. Ma i manuali su come diventare grandi in quattrocentosessantotto facili mosse diventano bestseller, perché rassicurano sul fatto che in fondo per essere adulti basta ricordarsi di fare una grossa scorta di carta igienica, e affittare un appartamento non solo in base alla vicinanza ai bar, ma dopo avere controllato l’impianto di riscaldamento, i pavimenti e i rubinetti. Si diventa adulti quando si comincia a soffrire di artrite cervicale, o anche prima? Prendere decisioni autonome, essere economicamente indipendenti, assumersi responsabilità: sono i tre parametri quasi universali dell’età adulta (a cui la Cina, ad esempio, aggiunge la capacità di sostenere finanziariamente i propri genitori). Ma non basta nemmeno essere adulti per sentirsi adulti: per diventare, definitivamente, ciò che si è.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.