Dove metto cosa. Quei dilemmi sulla raccolta differenziata

Maurizio Stefanini
Metallo nella plastica e plastica nell'indifferenziato. Uno pensa: vabbè, la monnezza la butti, e basta. Per dovere civico ti lambicchi un po’ il cervello a stabilire in che contenitore farlo, ma pensi che ormai per quel che dovevi processarla l’hai processata, e quel che ci sarà ancora da processare spetta ai riciclatori. E pensi sbagliato!

“Luisa!!! Ma questo contenitore di plastica sporco di pesto, dove diavolo lo devo mettere: nell’organico o nella plastica?”. Un problema questo che probabilmente non si ripeterà visto che il pesto in genere me lo faccio in casa. In campagna abbiamo sia gli olivi che un noce, e i vasi di basilico d’estate producono che un piacere. Ma dall’ultimo dell’anno in casa era rimasto un vasetto e nello smaltirlo si è presentato il dilemma. Che però si inserisce in un dibattito più generale iniziato in famiglia fin da ottobre. Ossia da quando l’Ama ci ha consegnato due sacchetti per iniziare la raccolta differenziata, accompagnati da ben sei opuscoli di chiarimenti. Titoli: “La Raccolta Differenziata a casa tua”, “Raccolta differenziata istruzioni per l’uso”, “I rifiuti dalla A alla Z”, “Calendario di Raccolta”, “Il tuo quartiere non è una discarica”, eccetera. In realtà, in tre mesi che sono passati la raccolta non è iniziata ancora. Ma noi siamo bravi cittadini, abbiamo comprato di tasca nostra altri tre contenitori per completare il kit, ed io ho pure realizzato e stampato al computer le relative etichette da appiccicarci sopra. “Organico”, “Carta”, “Plastica”.

 

Ma i dubbi filosofici sono iniziati subito. Le scatolette di carne o di tonno, ad esempio. A che mi risulta, è metallo. Però il metallo non è tra le categorie previste. Che devo fare: andare in giorni speciali e in posti speciali, a smaltirlo con le stesse modalità di cartucce con stampanti e batterie? Per fortuna, “I rifiuti dalla A alla Z” aiuta a svelare l’arcano: nella plastica, vanno nella plastica. È vero, d’altronde: all’etichetta blu c’è scritto non “contenitori in plastica”, ma “contenitori in plastica e metallo”. Ma che c’è aggiunto in piccolo, più in basso? “Non inserire posate di plastica, oggetti vari (giocattoli, pentole, bacinelle, etc.)”. Insomma: il metallo va nella plastica; la plastica nel non riciclabile. Ammetto la deformazione professionale del giornalista specializzato in politica internazionale, ma mi viene subito da pensare al Sudafrica dell’apartheid: dove gli indo-europei indiani era classificati come “asiatici”, ma cinesi e giapponesi per opportunità geoeconomica erano stati promossi a “europei”. E le carte delle caramelle e dei cioccolatini, poi? Carta? Plastica? Forse chi ha compilato “I rifiuti dalla A alla Z” ha problemi di diabete, visto che ha apparentemente dimenticato la categoria. Non sappiamo i golosi incolti, ma chi ha studiato Diritto sa che in questi casi si procede per analogia. Dunque, andiamo trionfanti alla “carta per alimenti”, anche se subito dopo tra parentesi è specificato solo “formaggi o affettati”. Carta dunque? No! “Materiali non riciclabili”. Esattamente come carta da forno, carta lucida da disegno, carta plastificata, carta sporca. Visto che la carta stagnola va a sua volta nella plastica e la carta assorbente per cucina tra i rifiuti alimentari e organici, finisce che nella carta ci si può mettere solo quella da pacchi, quella “non unta né bagnata”, quella velina, le agende in carta e/o cartoncino, le buste di carta,  i brik del latte o dei succhi di frutta, le confezioni di carta di merendine e zucchero, i contenitori in carta per uova, i faldoni in cartone senza anelli, i giornali e riviste, i libri, i quaderni, le scatole di cartone e cartoncino, i volantini e opuscoli pubblicitari non plastificati, i cartoni ondulati, quelli per bevande “es. in tetra pak”, e le cassette della frutta in cartone. Attenti però: in quest’ultimo caso, “spezzettate”.

 

Uno pensa infatti: vabbè, la monnezza la butti, e basta. Per dovere civico ti lambicchi un po’ il cervello a stabilire in che contenitore farlo, ma pensi che ormai per quel che dovevi processarla l’hai processata, e quel che ci sarà ancora da processare spetta ai riciclatori. E pensi sbagliato! Gli scarti alimentari e organici, ad esempio. Spiegano le istruzioni: “sgocciolare sempre i rifiuti organici prima di buttarli nel sacchetto”; “non pressare i rifiuti, ridurre a pezzetti quelli più voluminosi”. Mi spiega mia moglie: “E certo! Mica puoi buttare le ossa così! Devi prenderle a martellate prima!”. Anche i cartoni delle bevande vanno schiacciati. Tutti i contenitori, sia in plastica e metallo che in vetro, li devi sciacquare come se li volessi riutilizzare.

 

Torniamo dunque alla vaschetta. “Secondo quel che capisco dovrei prima lavarla, e poi metterla nella plastica. Ma mi rifiuto di farlo, e la metto nell’indifferenziata!”, sentenzia la consorte. “Ma sei sicura?”. La lettura del giornale è la preghiera del mattino dell’uomo del XIX secolo, diceva Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Evidentemente, deve essere la lettura di “I rifiuti dalla A alla Z” la preghiera del mattino dell’uomo del XXI secolo. E infatti, scopriamo che anche per l’estensore dell’opuscolo lavare vaschette per alimenti già spremute sarebbe eccessivo. “Non riciclabili. Va direttamente nei rifiuti non riciclabili”.

 

Esattamente come se la raccolta differenziata non esistesse!

        

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