Il presepe e l'albero di Natale a Piazza San Pietro

I kamikaze del 25 dicembre

Camillo Langone
Facitori di alberi con palle, sceme col berretto rosso e mangiatori di panettoni. Ecco – di Camillo Langone

Il Natale è morto ed è morto di morte violenta, ma gli assassini secondo me non esistono: non sono i parassiti che mandano auguri di Buone Feste (specificare, prego), e non sono nemmeno le feroci presidi nichiliste che boicottano i presepi nelle scuole. Il Natale è morto non perché qualcuno l’ha deliberatamente ucciso, in fondo il Natale piaceva a tutti. Anche alle feroci presidi nichiliste piaceva scambiarsi auguri e regali e nemmeno loro riusciranno a trarre appagamento dai futuri saluti di Buon Inverno. Il Natale è morto perché moltissime persone si sono culturalmente suicidate nei suoi paraggi, e insieme a loro è saltato in aria Gesù Bambino, accidenti. Questi kamikaze del Natale li ho riuniti in quattro categorie:

 

1. I preti. Da molte settimane, da tutti i pulpiti sotto i quali assisto alla Santa Messa mi arrivano elogi ai “musulmani di retta coscienza”. Mi è capitato a Parma e mi è capitato a Roma e mi dicono capiti ovunque. I preti si sono innamorati dei maomettani e come si fa a discutere l’amore. L’amore tra maschi, poi… Quando un’amica si innamora di uno scemo che la picchia, o di un furbastro che la prende in giro, so per esperienza che non c’è nulla da fare. L’amore (non in me) ha spesso di questi tratti masochisti, suicidari. Non tollerando lo spettacolo dell’idiozia, di solito interrompo ogni rapporto, almeno fino a quando l’amica non rinsavisce. Interrompere ogni rapporto con i preti per un cattolico è impossibile (ce li ha inflitti personalmente Cristo), l’unica è cercare un sacerdote che non mostri di preferire i musulmani retti ai cristiani storti, che non instilli l’idea che nella notte di Natale nasca un bimbo da snobbare anziché adorare perché poi magari i seguaci del predone arabo si adombrano. Le chiese dove si predica l’apostasia bisognava disertarle, i preti kamikaze bisognava che parlassero ai banchi, purtroppo la miccia delle omissioni ha consentito che qualcuno di costoro diventasse perfino vescovo (vedi monsignor Cipolla a Padova) e facesse impunemente saltare in aria Bambino, madre del Bambino, padre putativo del Bambino, eccetera.

 

2. I facitori di alberi di Natale. Sono quei signori che all’inizio di dicembre si inginocchiano davanti all’abete più o meno di plastica e ci appendono palline, lucine, minchiatine assortite. Al contrario dei preti apostati, ben raramente sanno quello che fanno e quindi bisognerebbe auspicarne il perdono, io però non ce la faccio: che cos’hai nel cervello? Stelle di cartapesta? Come fai a inginocchiarti davanti a un albero? Non ti rendi conto che stai aderendo a un’altra religione? Molti uomini lo fanno perché piace ai bambini e sono i casi penosi, sempre più numerosi, di padri che, inversione diabolica, si fanno educare dai figli. Molti lo fanno perché ipocredenti: se non ci credono i preti perché dovrebbero crederci loro al figlio di Dio, tanto vale adorare una pianta. Molti perché non conoscono la legge di Gresham, o non hanno colto il nesso tra quell’antico banchiere e la realtà odierna, e non sanno che la moneta cattiva scaccia quella buona. Molti perché a dispetto di Matteo 6,24 credono si possa servire al contempo Dio e Mammona, Dioniso e Cristo, Bari e Napoli, del resto l’abete è presente anche in piazza San Pietro siccome in Vaticano qualcuno pensa siano ancora i tempi in cui il paganesimo si poteva cristianizzare con un segno di croce, quando bastava chiamare Santa Maria della Rotonda il Pantheon per scacciarne gli dèi falsi e bugiardi. Simile speranza ha un fondamento cattolico, non lo metto in dubbio, Jean Guitton disse: “Sono cattolico perché voglio tutto”. Ma credo che intendesse tutto il buono, tutto il bello, non tutto tutto.

 

3. Le sceme col berretto rosso. L’anello mancante fra il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo e l’attuale Natale senza vita è il Ciccione della Coca-Cola, il babbo per babbioni omaggiato dalle donne che si selfano col berretto rosso suicidando la propria avvenenza e così, senza volerlo, affogando una grande solennità cristiana nel mare del ridicolo. Che poi le rossoberrettate a qualcosa servono: a farsi nuovi amici. Io su Facebook ho 5.000 amici, il massimo consentito, e posso accoglierne due o tre nuovi solo cancellando due o tre di quelli vecchi. Con quale criterio effettuare la scrematura? In questi giorni è facile: scorro la lista dei contatti e appena trovo qualcuna (a volte perfino qualcuno) fotografata col berretto rosso ecco che posso eliminarla senza rimorsi e aprirmi al nuovo.

 

[**Video_box_2**]4. I mangiatori di panettoni. Sono i diabetici aspiranti e i diabetici in carriera ad aver ridotto il Natale a un ingozzarsi di panettoni. Danneggiando più di Cristo i propri reni. Ovviamente non sono contrario al cibo (in verità non sono contrario a niente) e mi attengo a Orazio (est modus in rebus) e a Paracelso (è la dose che fa il veleno). Al tempo dei nostri avi il dolce lo si mangiava la cena della Vigilia e il pranzo del 25 e stop. Non iniziavano a riempirsi di zuccheri il 1° dicembre, non organizzavano con gli amici e coi colleghi molteplici devastanti apericene nei giorni precedenti il Natale. E il dolce non era quasi mai un panettone: quando durante le feste cercano di impormelo dicendo che è tradizione devo rispondere che al di fuori di Milano non è tradizione, è televisione. Prima di Carosello, sull’Appennino lucano non penso sapessero di pani lievitati e farciti di canditi e uvetta, mia nonna ancora negli Ottanta faceva le zeppole col miele, e senza imbrattarle coi confettini colorati. Attraverso il panettone hanno completato la trasformazione del Natale in Mortale e hanno polverizzato il rito sull’intero calendario, con la complicità dei più grandi e più superbi chef capaci di escogitare il modo di ammannirlo finanche a ferragosto in spiaggia. Schiavo del picco glicemico, il mangiatore di panettone senza saperlo concretizza lo slogan del sito Dissapore: “Niente di sacro tranne il cibo”. Come puoi accusare uno schiavo di essere schiavo? Non puoi. Puoi soltanto dire che anche lui è un kamikaze del Natale e che anche grazie a lui i nostri figli si faranno gli auguri nel giorno del solstizio.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).