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Contro Saviano (o Veronesi) su Salvini

Alessandro Dal Lago

Non ci siamo: metterla sull’odio e sul piacere sadico è non avere capito il punto grave

Avevo promesso a me stesso di non occuparmi più di Roberto Saviano. A suo tempo avevo pubblicato “Eroi di carta”, un libretto critico nei confronti della sua retorica che scimmiottava il peggior Leopardi (“contro la mafia combatterò, procomberò sol io, ecc.”). Nell’occasione ho ricevuto attacchi furibondi e personali, anche sul giornale per cui scrivo da quarant’anni, Il manifesto, oltre che apprezzamenti vari. Ho risposto agli attacchi sensati e ho ignorato gli insulti. Fine per me della faccenda. Ma ora che mi pareva di essere dalla stessa parte della barricata proprio con Saviano, nella difesa di un minimo senso di umanità contro l’orrenda politica gialloverde sulle migrazioni, ecco che giorni fa ho letto questa apostrofe di Saviano a Salvini: “Ministro della malavita, quanto piacere le dà veder morire bimbi innocenti in mare? Ministro della malavita, l’odio che ha seminato la travolgerà”. Non ci siamo proprio, esattamente come nell’invito di Veronesi a Saviano a “mettere i loro corpi” sulle navi che soccorrono i migranti, ecc.

  

Questa enfasi personalistica, e in fondo narcisistica, degli scrittori impegnati non è soltanto inutile, è dannosa. Sbarazziamoci della boutade dei corpi. Aspettiamo con vivo interesse che Veronesi, con o senza Saviano, si imbarchi su nave o panfilo umanitario. Ma anche se lo facesse non servirebbe a nulla, se non a far felice il suo editore per un po’ di pubblicità in più. Gli operatori delle ong imbarcati lavorano in silenzio, come si conviene a chi affronta la sofferenza e la morte. Questo è un campo in cui il pudore dovrebbe regnare sovrano.

  

Ma la faccenda di Saviano versus Salvini non è tanto ridicola quanto fuorviante. Non c’è alcun bisogno di pensare che Salvini sia contento di vedere annegare donne e bambini. Non è questo il punto, anche se i continui riferimenti del truce politico padano a se stesso come “ministro e papà” sono grotteschi. Il godimento sadico, che un tempo mandava in sollucchero i filosofi francesi, qui non c’entra. Sono la cecità, l’indifferenza, la mediocrità e la stupidità di chi ci governa (e, diciamolo, di chi crede in loro) a lasciare senza fiato. Di Salvini che fa accordi con le infami milizie libiche (come già Minniti, a dire il vero), che cavalca la disinformazione di massa sui migranti e si va ad alleare con quelli che i migranti li vogliono rimandare in Italia; ma anche di Di Maio, che tace ipocritamente su tutta la questione; di Fico che fa il dissidente, ignorando chi ha contribuito a fargli avere la sua carica; per non parlare di Bonafede, che ora dice di apprezzare le ong, dopo che il suo movimento ha fatto di tutto per espellerle dal Mediterraneo (i famosi “taxi del mare” del garrulo capo politico Di Maio). Il cinismo in politica ci sta, ma qui siamo all’indecenza diffusa, a un’infamia piccola piccola, borghesuccia, come si addice a tutti questi parvenu e modestissimi arrampicatori sociali e politici che si sono impadroniti del paese per l’ignavia e l’incapacità altrui.

  

No, non c’è alcun bisogno di attribuire alcun odio, né male radicale, a Salvini. Semmai, la capacità furbesca di tradurre le paranoie in voti e consenso, costi quel che costi. Qui il delitto è per così dire oggettivo, sistemico, privo di qualsiasi profondità. E per ciò terrorizzante, perché per questa malvagità della porta accanto non è prevedibile alcuna punizione, umana o divina, ma l’indifferenza collettiva.

  

Mettendola sull’odio per i migranti e sul piacere sadico, Saviano dimostra di non avere capito né il fascismo leghista, né il parafascismo grillino. E questa incomprensione è pessima cosa, vista la risonanza della sua voce nel tetro panorama mediale italiano. I buoni si sentiranno la coscienza a posto, specchiandosi nell’odio. E i cattivi se ne fotteranno.

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