Francesco Parillo

E se il professore suicida a Macerata fosse una vittima di bullismo?

Antonio Gurrado

Francesco Parillo era stato condannato per molestie sessuali, dopo due giorni si è tolto la vita. Le indagini, il processo e l'assunto che fra la parola di un docente e quella di un alunno pesi più la seconda  

Quando un termine va di moda, non c'è verso di rimangiarselo; è quindi comprensibile che il professor Massimo Zerani dell'Università di Perugia abbia parlato di “bullismo arrivato alle estreme conseguenze” in una mail privata, diffusa da alcuni quotidiani, riguardo al suicidio del suo collega di veterinaria, il professor Francesco Parillo dell'Università di Camerino.

 

Parillo è stato trovato senza vita a casa, dopo tempo in cui non dava notizie di sé, a due giorni di distanza dalla sentenza del tribunale di Macerata che lo condannava a tre anni di carcere per violenza sessuale. Le circostanze saranno indagate ma lasciano pensare a un suicidio compiuto mischiando farmaci. Il professore (“il professore di desiderio”, lo chiamerà inevitabilmente qualche titolista in vena di letteratura), sempre proclamatosi innocente, sarà giudicato da tribunali più elevati ma fra noi che restiamo sulla Terra risuonano l'accusa del collega Zerani e la domanda su quel termine usato, si presume, con una certa consapevolezza.

 

Perché bullismo? Nei giorni in cui i giornali traboccano di analisi riguardo alla vittimizzazione dei professori da parte degli studenti per mezzo di azioni violente o se non altro minatorie, potrebbe apparire fuori luogo utilizzare lo stesso parametro nei confronti di docente che, stando alla sentenza di primo grado, si sarebbe avvalso del proprio ruolo per l'esatto inverso, ossia vessare gli studenti o minacciarli. Né si può presumere a priori che il suicidio comporti la dimostrazione dell'innocenza, con la stessa giurisprudenza grossolana con cui in tempi oscuri si reputava che il cedimento sotto tortura implicasse l'ammissione di colpevolezza.

 

Ma, a leggere negli archivi di cronaca, si scopre che la linea difensiva di Parillo è sempre stata quella di ascrivere le accuse al desiderio di rivalsa di un'esigua minoranza di studenti insofferenti alla sua esigenza scientifica e desiderosi di trovare una scorciatoia per disfarsene. Il sesso e tutto ciò che vi ruota attorno – sia esso sguardo o carezza o complimento – costituisce il terreno più facile su cui far scivolare qualcuno; questi atti di violenza sessuale sarebbero stati concentrati in soli due anni, a fronte di una lunga carriera immacolata, e sono stati denunciati da sei o sette studenti, rispetto al gran numero che il docente avrà visto passare. Un ulteriore grado di giudizio avrebbe magari considerato diversamente questi elementi, anche se non lo sapremo mai.

 

È certo anche che Parillo aveva tutto del bersaglio facile: i reporter locali lo raccontano scapolo, riservato, legato solo a una povera madre vedova che vive in un altro paesino delle Marche e che non possiamo nemmeno immaginare quanto stia soffrendo dall'apertura del dibattimento a oggi. La sua morte non è frutto dell'ondata antimaschilista del #metoo in salsa accademica (i fatti contestati si collocano fra 2011 e 2013) quanto probabilmente dell'arresto, convertito subito in domiciliari, disposto nel 2015 dal gip di Macerata unitamente alla sospensione de iure dall'insegnamento.

 

Sarà forse qui il bullismo? Se interpretiamo il termine in maniera più estensiva, possiamo definirlo un atteggiamento di ostilità da parte della società nei confronti dei docenti; l'ormai celebre studentello che intima al prof di mettergli sei e inginocchiarsi ha in comune con questa storia l'assunto che l'autorità dell'insegnante si ponga sempre dalla parte del torto, e che fra la parola di un docente e quella di un alunno pesi più la seconda. Pare che nella sua amarissima mail Zerani lamenti come, a causa della ferocia di studenti e istituzioni, la veterinaria abbia perso “un uomo di grande valore scientifico”. Si sente l'eco del lamento sommesso di chi ritiene che, ad esempio, l'ondata di accuse sessuali a un grande cineasta possa privare il mondo di un notevole ingegno a fronte di fumosità che un domani magari verranno ritrattate o confutate. Certo, la legge uguale per tutti impone che non si consideri il diverso beneficio che un imputato può arrecare alla società; fatto sta che il valore scientifico di un docente, la sua abilità a insegnare, dovrebbe essere sancita più dalla comunità accademica che dal gip di Macerata.

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