Il premier del canada Justin Trudeau (foto LaPresse)

Notizie anti lagna che vi saranno sfuggite durante l'ultimo weekend

Giuseppe De Filippi
Ceta, Pirati, post sisma, Isis, nuvole. storie solo per ottimisti. Fatto l’accordo col Canada e approvato (siamo ottimisti e lo speriamo) dai parlamenti nazionali con qualche piccolo ritocco si avvicina anche il Ttip con gli Stati Uniti (e via Nafta ci portiamo dentro anche il Messico). L’ottimismo ha cattiva stampa, è ritenuto vagamente jettatorio.

Irresistibile il sorriso del premier canadese Justin Trudeau mentre firmava il patto di libero scambio con l’Unione Europea. Illuminava di ottimismo adulto i due strambi firmatari di parte comunitaria: il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e il titolare della presidenza del Consiglio europeo, il polacco Donald (il Donald meno the Donald che si possa immaginare) Tusk. Juncker con l’aria dell’uomo di mondo (deve avere una sua simpatia) prendeva un po’ in giro i belgi dopo l’intemerata dei Valloni con cui si era tentato di bloccare l’accordo. Tusk perfetto per un film di humour freddo nascondeva un abbozzo di sorrisetto ironico sotto la faccia delle grandi occasioni istituzionali.

 

Erano tutti e tre contenti, anche se consapevoli delle fatiche future, con i parlamenti nazionali che dovranno tutti ratificare e con i movimenti anti-globalizzazione da affrontare. Il mondo va verso una maggiore integrazione commerciale, il 99 per cento delle merci tra Unione e Canada si sposterà senza dazi, si tenta di bilanciare da queste parti la crescita dei giganteschi mercati asiatici, lavoro, soldi, affari. Tutta roba buona, dicevano le strette di mano e le facce e lo diceva la logica basica dell’economia. Trudeau illuminava il terzetto perché lui è già oltre: è già nel post-politicamente corretto. Ha capito, ma non lo dice ovviamente, che la correttezza politica era un feticcio e nient’altro: lo ha omaggiato quel feticcio, ci ha vinto le elezioni, e poi è andato oltre: verso la globalizzazione, una cosa orrenda per la generazione millennial. Anche ora ha potuto coniare una bella espressione dal titolo: la "crescita inclusiva". Corretto e rampante (come si diceva negli anni ‘80) e quindi ottimista.

 

Parlare di ottimismo, in varie declinazioni, subito dopo (o durante?) un terremoto è un esercizio tentato da altri più famosi e più letti. Ma ora vale la pena di cimentarsi con precedenti illustri perché siamo immersi nella lagna e la nebbia lagnosa ci offusca la vista. Anche il terremoto ci dà spunti. L’ultimo, fortissimo, non ha fatto vittime grazie a una serie di concatenazioni fortunate. Ma il rispetto per i morti nei crolli di Amatrice, di Accumoli, di Arquata, è offerto anche con la osservazione confortante del clima politico fattivo (prima ancora che collaborativo) attorno agli interventi di emergenza, di ricostruzione e poi di messa in sicurezza. Così Casa Italia diventa l’occasione per muovere risorse straordinarie verso la più forte spinta di investimenti, consumi, lavoro, dalla prima infrastrutturazione del Dopoguerra.

 


Ciò che resta della cattedrale di San Benedetto da Norcia dopo il terremoto (foto LaPresse)


 

La guerra in Siria, le migrazioni, il terrorismo, le stupidate di Onu e Unesco, la stagnazione secolare, le scemate anti-sistema o anti-Euro e i sindaci anti-politici, mettono a dura prova il vostro novello Candide. Certo, lo rendono anche un po’ ridicolo, come sempre succede. Ma i lagnosi sono più ridicoli. I numeri per inchiodarli ce li ha già raccontati il buon Johan Norberg, mentre ci faceva sbattere la testa, a noi capoccioni, sull’età dell’oro che stiamo vivendo. Ma poi l’Isis è prossimo a perdere roccaforti e territorio e una parte delle ondate migratorie (da est) rallenterà. Ieri le truppe governative dell’Iraq (quello guidato da una bestiaccia con cui si fecero i conti a suo tempo) sono entrate alla periferia di Mosul. Tra immense sofferenze e dolore è successo, però, che i jihadisti hanno cominciato a sloggiare. Il terrorismo è parte della nostra quotidianità e delle nostre paure, ma non più di quanto succedesse negli anni ‘70.

 

La negazione della storia e particolarmente di quella ebraica fa saltare i nervi, certo, ma definire la tecnica della rimozione e cancellazione un’invenzione di questi anni sarebbe una negazione ancora più grave. Stagnazioni secolari sono state previste altre volte. L’Italia e anche l’Europa e gli Stati Uniti della stagflazione sembravano ancora più condannate all’ergastolo della non-crescita (mentre ancora imperava, e sembrava verificarsi a ogni passaggio della crisi dell’epoca, la previsione sul crollo inevitabile del capitalismo). Gli scemi anti-sistema prendono scoppole un po’ dappertutto, dopo aver vinto i sondaggi e il campionato della critica giornalistica.

 

Da ultimo i Pirati finlandesi, piazzati in posizione 3, e resi inutili e messi alla berlina politica nel paese che ha insegnato al mondo l’ottimismo calcistico più strafottente e ha imposto il festeggiamento sportivo con l’applauso all’unisono in crescendo. I sindaci anti-politici prendono fischi, non fanno nulla, promuovono gente discutibile, mentre comunque una città come Roma sta né più né meno come stava col sindaco Marino. I romani hanno avuto il loro momento di sfogo da rivoluzionari alla buona, Candide pensa che impareranno per il futuro e che alla fine vinceranno i frigoriferi.

 

Il Papa fa la strada opposta dei lanzichenecchi e va a festeggiare Lutero. Ci dà ai nervi e preconizziamo da questo gesto una caduta di tensione dottrinale e spirituale (che però tanto c’è già stata) dalle nostre parti cattoliche. Vero. Ma è pur sempre meglio veder salire l’argentino verso la Svezia a concelebrare di veder scendere le marmaglie militari che entrarono a Roma a bastonare con le tesi luterane circolanti da appena una decina d’anni.

 


Papa Francesco in Svezia (foto LaPresse)


 

Fatto l’accordo col Canada e approvato (siamo ottimisti e lo speriamo) dai parlamenti nazionali con qualche piccolo ritocco si avvicina anche il Ttip con gli Stati Uniti (e via Nafta ci portiamo dentro anche il Messico). L’ottimismo ha cattiva stampa, è ritenuto vagamente jettatorio. Candide gira in incognito, si lamenta, legge Il Fatto per darsi un tono, butta lì qualche statistica, come quella sulla aumentata sopravvivenza ai tumori, ma poi ritira la mano. Sogna l’uso machiavellico della correttezza politica e il sorriso di Trudeau. Accende la tv e rimedia la pietà di De Mita.

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