tragedia a firenze

Il dramma dei morti sotto i ponteggi di Esselunga ci dice molto sul gran paradosso dei controlli in Italia

Giuseppe De Filippi

Questa tragedia mostra, se dagli accertamenti non emergessero specifici comportanti dolosi, quanto la formalità dei controlli e delle autorizzazioni non consenta il raggiungimento di una sostanziale sicurezza

La strage sul lavoro avvenuta a Firenze colpisce in modo speciale perché è avvenuta nel cantiere aperto da Esselunga, una delle aziende più note del paese e diventata quasi simbolo di accanimento nei controlli amministrativi e di meticolosa pedanteria (o anche asserito volontario boicottaggio) nel rilascio di autorizzazioni e concessioni da parte degli uffici pubblici. Il progetto e il piano di esecuzione dei lavori per il nuovo stabilimento fiorentino hanno passato tutti quei setacci e si inseriscono in uno schema di realizzazioni edilizie replicato in centinaia di sedi italiane della stessa catena e con criteri standard nella resa finale e nella concezione architettonica. Sul cantiere, come in tutti i luoghi dove si costruisce, sono attivi tra livelli di controllo di sicurezza, quello che fa capo alla direzione dei lavori, solitamente un ingegnere, quello del responsabile sicurezza indicato dai lavoratori e quello del responsabile indicato dall’azienda realizzatrice. Questa tragedia potrebbe mostrare, se dagli accertamenti non emergessero specifici comportanti dolosi, quanto la formalità dei controlli e delle autorizzazioni non consenta il raggiungimento di una sostanziale sicurezza.

  

Le tecniche costruttive moderne danno la certezza assoluta di poter realizzare un cantiere come quello di Firenze in totale sicurezza. E’ vero che le autorizzazioni edilizie sono in gran parte legate al rispetto dei vincoli urbanistici e dei volumi autorizzati, ma anche le caratteristiche tecniche della progettazione e dell’esecuzione sono tenute d’occhio, o meglio dovrebbero. A Firenze si assiste a un’impressionante debacle del sistema dei controlli di sicurezza e purtroppo si tratta di un fallimento non occasionale. Restando al settore edilizio si conta tristemente un morto ogni due giorni tra cantieri e ponteggi, mentre in altri ambiti di lavori infrastrutturali, ricordiamo fatti gravissimi recenti nel settore ferroviario, è sempre il formalismo a vincere ai danni di verifiche e sanzioni sostanziali.

    
Il dramma di Firenze sarebbe ancora più grave se fosse verificato quanto sostenuto molto credibilmente dai sindacati e cioè che i lavoratori del cantiere fossero inquadrati con contratto da metalmeccanici. Un’evidente e grave scorrettezza da parte dei datori di lavoro, ma, nuovamente, la prova dell’incredibile inefficienza dei controlli, perché se verificare la tenuta di una trave può richiedere competenze tecniche il controllo sulla congruità del contratto di lavoro è alla portata di un ufficio dotato della minima strumentazione legale. Un’altra accusa che si è sentita da parte sindacale riguarda invece la catena dei subappalti. Ma questo è un punto difficile da difendere, perché è sempre il realizzatore finale a essere sottoposto a controlli. Per essere più chiari, e nuovamente per indicare come servano controllo sostanziali e non formali, le autorità pubbliche responsabili della sicurezza devono andare a verificare la situazione nei cantieri e non sulla carta. Rispettando questa prima condizione il tema del subappalto perde molto della sua portata, specialmente, e torniamo al tema iniziale, se si parla di edifici rilevanti per impatto urbanistico e per cubatura, inseriti in ambito fortemente urbanizzato e che gravati da tutti i requisiti di sicurezza aumentati per i locali aperti al pubblico, nei quali si svolgono mansioni lavorative e adibiti al commercio alimentare.

Di più su questi argomenti: