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Il racconto

Il cattivo romanzo su Malagrotta s'è trasformato in tragedia comica

Chicco Testa

Ci si è dimenticati di che cosa sia stata veramente Malagrotta, una struttura essenziale per la città. Meriterebbe una fine migliore di quell’orribile pasticcio che si sta realizzando per colpa di discutibili decisioni processuali

Il 24 dicembre scorso, il secondo Tmb, un impianto per la selezione dei rifiuti collocato nell’ area di Malagrotta è andato a fuoco. A dare l’ allarme è stato il personale di vigilanza, visto che pare che nessun addetto fosse presente al momento dell’incendio. I casi di focolai spontanei dove vengono stoccate grandi quantità di rifiuti non sono rari. All’interno si formano sacche di gas da fermentazione che possono facilmente innescarsi per vari motivi. Per questo è necessaria una sorveglianza continua in grado di segnalare immediatamente eventuali problemi. Gli impianti più avanzati sono dotati di rilevatori di temperatura che danno l’ allarme in caso di pericolo. È la seconda volta che questo accade.

  

La prima volta 18 mesi fa nell’altro Tmb e la messa fuori servizio dei due impianti naturalmente ha aggravato la crisi dei sistemi di smaltimento dei rifiuti romani, con la Capitale ancora una volta obbligata a trovare soluzioni estemporanee e urgenti per esportare i rifiuti da qualche parte. Ma è tutta la storia di Malagrotta a essere ormai diventata un romanzo pieno di colpi di scena e di trovate che fanno a pugni con il buon senso. L’ area, che comprende una grande discarica ormai chiusa, è affidata dal Tribunale di Roma  a un amministratore giudiziario, un commercialista digiuno di competenze specifiche. I due incendi sono avvenuti sotto il suo mandato. L’ ex azionista, Manlio Cerroni, che per decenni ha gestito quell’impianto che ha servito Roma fino alla chiusura incautamente decisa dal sindaco Marino, lasciando  la città priva di alternative e in crisi perenne, ne è stato espropriato prima in forza di un’interdittiva antimafia, ormaidieci anni fa, senza che mai sia stata dimostrata alcuna attività mafiosa, ma sulla base di semplici sospetti e dicerie, e di un processo per “associazione a delinquere”, da cui Cerroni è stato completamente assolto addirittura con la motivazione “di avere agito nell’interesse pubblico”. 

   

Ma il cattivo romanzo ha avuto inizio con la descrizione di Malagrotta come il male assoluto. Addirittura in un documentò ufficiale della presidenza del Consiglio e del commissario straordinario Gualtieri, poi ritirato ma sintomatico del clima,  è stata definita come “discarica abusiva”, dimenticando le numerose autorizzazioni ottenute e il fatto che il  Comune di Roma là abbia portato i suoi rifiuti per decenni. Ancora nel 2011, il prefetto Pecoraro ne ordinava l’allargamento per sopperire alle difficoltà di smaltimento del Comune di Roma. Da sei anni è di fatto il Tribunale di Roma a gestire Malagrotta. Ora dovrebbe fare causa a se stesso, ma intanto nulla si è ancora saputo del primo incendio. Le indagini sono eternamente in corso e fa comodo a molti evocare ipotetici complotti per non affrontare la prosaica questione dell’assoluta incapacità gestionale. Nel frattempo è  in corso un altro processo, questa volta per inquinamento doloso. Vedremo come andrà a finire. Ma se c’è stata un discarica monitorata in Europa quella è Malagrotta, fin dai tempi di Gianfranco Amendola, magistrato super attento ai problemi ambientali, è stato anche europarlamentare verde e suggerì la realizzazione di un polder, vale a dire una cintura di contenimento che circonda tutta l’area della discarica per 6 chilometri, e che oggi l’ amministratore giudiziario vorrebbe raddoppiare con spese ingenti, nonostante la stessa Ispra abbia certificato la tenuta di quello esistente.

  

Ma il cattivo romanzo, fatto di fake news, di pregiudizi, di leggende metropolitane si è ormai trasformato in una tragedia comica, una pochade, che l’inconcludente giustizia romana alimenta ogni giorno con ipotesi giudiziarie preconcette e con la sistematica distruzione di quel che resta di Malagrotta. Non una condanna, nemmeno in primo grado, dopo dieci anni, è stata pronunciata nei confronti di Cerroni. In compenso, per la Prefettura di Roma rimane un mafioso, nonostante non  sia stata trovata prova alcuna. Così come spesso capita, la cattiva narrazione  ha bisogno di mostri, di sospetti e di insinuazioni. E come la cattiva moneta caccia quella buona, si è persa memoria di che cosa sia stata veramente Malagrotta. Una struttura che con tutti i limiti del tempo ha svolto un servizio essenziale per la città. Meriterebbe una fine migliore e non quell’orribile pasticcio che si sta realizzando in forza di decisioni  processuali  assai discutibili. Per non dire altro.
 

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