Andrea Muccioli (foto d'archivio Ansa)

verso il referendum sulla cannabis

“Parlare della legalizzazione delle droghe leggere è ipocrita”, dice Andrea Muccioli

Marianna Rizzini

"Viviamo in un mondo assuefatto a ogni tipo di droga. E lo sballo tollerato mi pare un'ulteriore declinazione di questo atteggiamento", dice il figlio del fondatore della comunità di San Patrignano

La raccolta firme on line per il referendum sulla cannabis legale coordinata dall’associazione Luca Coscioni ha raccolto in pochi giorni più di quattrocentomila firme. Il quesito riguarda gli aspetti penali e amministrativi relativi alla coltivazione e alla detenzione della cannabis, e si riferisce agli articoli 73, 74 e 75 del Testo unico in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope (chiede di depenalizzare il reato di coltivazione per l’uso personale, di rimuovere le pene detentive per qualsiasi condotta illecita legata alla cannabis, fatta eccezione per l’associazione finalizzata al traffico illecito e di eliminare la sanzione amministrativa riguardante il ritiro della patente legata al consumo della cannabis). I fronti del “sì” e del “no” sono già schierati l’uno contro l’altro. Andrea Muccioli, figlio di Vincenzo, per diciotto anni suo successore nonché figura centrale della docu-serie “SanPa” (Netflix), vuole spostare l’attenzione su quello che a suo avviso è il problema a monte: “Non c’è mai stata così tanta facilità di accesso alle droghe come adesso”, dice, “e per droghe intendo anche il gioco d’azzardo, le macchinette, le scommesse. Viviamo in un mondo assuefatto a ogni tipo di droga. E lo sballo tollerato mi pare sia un’ulteriore declinazione di questo atteggiamento”.

Per Muccioli la priorità è “smettere di essere superficiali, chiedersi prima di tutto perché l’uomo oggi cerca così facilmente lo sballo, e perché lo faccia nonostante i danni che questo gli procura. Bisognerebbe indagare nel profondo perché si preferisce distrarsi da qualsiasi tensione così e così spesso, al punto da trasformare in patologico anche il rapporto tra uomo e gioco. Non c’è mai stata una proliferazione così estrema di strumenti, di mezzi per raggiungere una realtà alterata, che è poi soltanto una fuga dalla propria realtà. Ecco, io non vedo alcuna riflessione in questo senso”. Dice Muccioli che “parlare di legalizzazione delle droghe leggere, discorso vecchio di trent’anni, è  ipocrita. Non si riflette sull’impatto dell’attività bioingegneristica profusa per ottenere l’aumento della concentrazione di THC. E non vedo interessi eticamente rilevanti. E’ una foglia di fico mettere l’accento sulla libertà quando poi si tratta, alla base, di una sorta di promozione culturale e commerciale di un comportamento autodistruttivo. L’unica cosa utile sarebbe riflettere su come promuovere comportamenti positivi verso se stessi che permettano di non ricorrere allo sballo per sentirsi momentaneamente meglio, illudendosi nella pseudo-felicità di un attimo”. Intanto, sul fronte referendario, la raccolta firme procede verso il tetto delle cinquecentomila. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.