Raggi esulta per la sentenza del Tar sui rifiuti, senza averla capita

Gianluca De Rosa

Il tribunale amministrativo del Lazio annulla l'ordinanza della Regione per spingere il Campidoglio a indicare un sito per una nuova discarica. Ma i giudici hanno definito inadatto lo strumento usato, non il contenuto

La Regione Lazio non può imporre con un ordinanza a Roma Capitale di indicare un sito per una nuova discarica di servizio in città. Con una sentenza breve il Tar del Lazio dà ragione al Campidoglio che proprio a un giorno da quando avrebbe dovuto rispettarne gli obblighi aveva presentato un ricorso per chiedere l’annullamento dell’ordinanza firmata dal presidente Nicola Zingaretti che a - “allo scopo di garantire la stabilità del complessivo sistema di gestione del ciclo dei rifiuti” - imponeva “a Roma Capitale e ad Ama Spa, entro 30 giorni di trasmettere un piano impiantistico ai fini dell’autosufficienza in termini di trattamento, trasferenza e smaltimento, con una rete integrata e adeguata di impianti”. “Rete integrata” che nello scontro Comune-Regione è da leggere come una sola parola: discarica.

 

 

L’obiettivo era obbligare il Campidoglio ad indicare un nuovo sito all’interno dei confini comunali. I lavori nell’area di Monte Carnevale, quella indicata dal comune il 31 dicembre del 2019 dopo un accordo politico raggiunto con l’assessore regionale Massimiliano Valeriani, sono bloccati dopo che il proprietario dell’area, l’imprenditore Valter Lozza, è stato arrestato insieme alla massima dirigente dei rifiuti regionali Flaminia Tosini con le accuse di corruzione e turbativa d’asta. A questo si è aggiunta la chiusura della discarica di Roccasecca, in provincia di Frosinone, che ha mandato in affanno l’intero ciclo dei rifiuti regionali a Roma, ma non solo. 

 

Su Facebook la sindaca Virginia Raggi ha subito esultato: “È una vittoria per tutti i cittadini e tutti i territori che, da troppi anni, pagano scelte scellerate calate dall'alto. I giudici hanno sgomberato il campo da ogni alibi. Non si può fare politica sulle spalle dei cittadini. È arrivato il momento che la Regione collabori”.

 

A ben vedere, però, le cose sono più complicate. Il Tribunale - accogliendo in pieno il ricorso firmato dagli avvocati capitolini Antonio Ciavarella e Angela Raimondo – dice semplicemente che l’ordinanza contingibile e urgente non è lo strumento giusto per costringere il comune a indicare dei siti per lo smaltimento. Nulla di più. “L’ordinanza contingibile e urgente - si legge nella sentenza - ha un contenuto normativamente prestabilito, potendo solamente ‘consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti’ e non potendo, invece, essere impiegata per altre finalità”. In particolare, “non può essere utilizzata per disporre un’attività di tipo pianificatorio” che il Tar definisce “pur doverosa e allo stato mancante”. 

 

 


La pianificazione d’altronde non può essere una speciale e temporanea “forma di gestione dei rifiuti”, ma, anzi, essere la normalità. Il problema, insomma, non è quello che la Regione pretende da Roma Capitale, ma lo strumento che ha usato per chiederlo.


“L’ordinanza contingibile e urgente – ricorda il Tar – è utilizzabile soltanto in via provvisoria, sussidiaria e straordinaria, quando la norma non preveda un atto amministrativo tipico”. Nel caso specifico l’”atto tipico” esiste eccome. Si tratta dell’articolo 13 della legge regionale 27 del 1998 che, ricorda il tribunale amministrativo “attribuisce alla Regione un potere sostitutivo in caso di omessa adozione, da parte delle Province (sostituita nella fattispecie dalla Città metropolitana di Roma Capitale) e dei Comuni, di atti obbligatori”. In pratica, se la Regione vorrà una discarica a Roma dovrà commissariare il Campidoglio. Da via Cristoforo Colombo per adesso tutto tace.

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