Nave Mare Jonio (foto LaPresse)

La zona d'ombra

Si è riaperta la caccia alle ong nel Mediterraneo

Luca Gambardella

Mediterranea Saving Humans ha ricevuto soldi per un trasbordo di migranti da una nave cargo, dice la procura di Ragusa. Per l'armatore è un "parziale riconosciuto di spese aggiuntive". Una certezza: se si delegano ai privati i salvataggi ci si adegua alle loro condizioni

La nuova indagine della procura di Ragusa sul trasbordo di migranti da una nave cargo a una umanitaria dietro al pagamento di una somma di denaro mette in imbarazzo il nuovo sistema di salvataggi nel Mediterraneo. Un sistema, come noto, ormai delegato ai privati, in cui la ritirata delle navi militari ha costretto quelle umanitarie e mercantili ad adeguarsi con una prassi fatta di indennizzi economici e di collaborazione reciproca, che danza pericolosamente al di fuori dei limiti tracciati dalle leggi internazionali.  

 

E’ successo così che l’11 settembre scorso, 27 migranti salvati dalla nave cargo danese Maersk Etienne, dopo 38 giorni a bordo e senza che nessuno stato avesse concesso un porto di sbarco, siano stati trasbordati sulla Mare Jonio. La nave dell’ong italiana Mediterranea Saving Humans fece sbarcare i naufraghi a Pozzallo, chiudendo così uno degli stand off più lunghi di sempre. L’ipotesi definita “plausibile” dal procuratore Fabio D’Anna è che la Mare Jonio abbia imbarcato i migranti in cambio di una somma di denaro e per questo ha ipotizzato i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione delle norme del Codice della navigazione a carico di 7 persone (fra cui l’attivista Luca Casarini, Beppe Caccia, l’armatore Alessandro Metz, il comandante Pietro Marrone, Alessandra Sciurba presidente dell’ong, Agnese Colpani del team medico, Fabrizio Gatti e Georgios Apostolopoulos, volontari dell’ong. Secondo fonti stampa, i  125 mila euro promessi dalla Maersk all’armatore della nave umanitaria, la Idra Shipping di Trieste, sarebbero stati versati con un bonifico bancario con tanto di fattura rilasciata dall’armatore italiano, Alessandro Metz. La società italiana ha spiegato martedì che è tutto in regola: “Maersk ha parzialmente riconosciuto le spese aggiuntive sostenute da Idra per i servizi svolti in mare, come forma di sostegno alla nostra attività. Né più né meno”. Una specie di compensazione economica per il servizio reso dalla nave umanitaria prendendo in carico i naufraghi dopo oltre un mese di stallo.

 

La procura di Ragusa parla anche di un mancato coordinamento con le autorità italiane  e maltesi al momento del trasbordo. Una versione smentita lo scorso anno a Vita dal capomissione Beppe Caccia:  “Dopo aver informato l’Mrcc di Roma (la Guardia Costiera italiana, ndr) ci siamo diretti verso nord a largo di Pozzallo”. E’ difficile credere che il ministero dell’Interno e quello delle Infrastrutture abbiano coordinato lo sbarco a Pozzallo restando però all’oscuro del trasbordo dei migranti: la rappresentante dell’Unhcr in Italia, Chiara Cardoletti, commentò con soddisfazione la  “fondamentale intesa con il governo italiano, nella totale assenza dell’Europa”. Interpellata dal Foglio, la portavoce Carlotta Sami ha detto però di non volere commentare le indagini in corso.

  

 

Quando nel 2018 fu lanciato il progetto di Mediterranea Saving Humans, Mare Jonio fu definita con spregio dai sovranisti “la nave dei centri sociali” “finanziata dalla sinistra”, perché sostenuta tra gli altri da politici come Erasmo Palazzotto e Nichi Vendola. Sin dall’inizio si temeva che l’esposizione nell’agone politico di un’attività così delicata e apartitica per natura come quella dei salvataggi in mare rischiasse di essere trascinata nelle speculazioni politiche. Così, oggi si assiste a un caso annunciato: da una parte l’ex leader no global e anima dell’ong, Luca Casarini, che dalle colonne del Corriere si autodefinisce il “nuovo Mimmo Lucano”, dall’altra D’Anna,  già ribattezzato “erede di Zuccaro” e “pm anti ong” per alcune sue recenti dichiarazioni più che discutibili. Lo scorso novembre, il gup ha rigettato le accuse formulate dalla procura iblea nei confronti di  Marc Reig Creus, comandante della Open Arms, e di Ana Isabel Montes Mier, capomissione della nave, entrambi accusati di violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un altro fallimento per il pm e per il sostituto, Santo Fornasier: “Se passerà il principio che si debbano salvare i migranti non solo da un possibile naufragio quanto dai libici si rischia che chiunque possa organizzarsi per traghettare migranti in Italia non necessariamente per finalità esclusivamente umanitarie”, fu il commento di D’Anna, evidentemente all’oscuro di cosa pensa l’Onu a proposito dei respingimenti in Libia. Ma a ben vedere c’è un problema di fondo: delegare i salvataggi in mare ai privati – navi commerciali o umanitarie – comporta costi enormi sia in termini economici sia di vite. E proprio lì dove lo stato si ritira si corre il rischio che si crei una zona d’ombra dove è la consuetudine fra i privati, invece che lo stato di diritto, a tenere le fila della sicurezza nel Mediterraneo.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.