Chelsea Clinton nel video in cui viene affrontata da una delle due attiviste

Una minidiretta sull'ideologia che va in cortocircuito

Paola Peduzzi

Chelsea Clinton, il suprematista e due attiviste

Leen e Rose sono due studentesse di New York, Leen è palestinese, Rose è ebrea americana, sono amiche e sono andate insieme venerdì sera a una veglia per i musulmani uccisi in Nuova Zelanda da un suprematista bianco, Brenton Harrison Tarrant. La veglia era organizzata dall’Of Many Institute, un’organizzazione multireligiosa della New York University che tra i suoi fondatori conta anche l’ex first daughter Chelsea Clinton. Che è andata alla veglia e si è ritrovata di fronte Leen e Rose che, da brave attiviste, gliele hanno cantate, opportunamente registrate in un video, perché nulla oggi avviene se non è registrato, screenshottato, rispedito, rituittato, viralizzato.

 

  

Infatti il video è diventato virale, le due ragazze hanno poi spiegato in un articolo su Buzzfeed le loro motivazioni, sono state invitate anche in tv, e per due giorni abbiamo visto Chelsea con le mani conserte che ascolta le due ragazze e ripete: “Non era nelle mie intenzioni”. Il video è una minidiretta sui cortocircuiti ideologici in cui abitiamo oggi, tutti quanti, tutti insieme, con anche l’elemento femminile, imprescindibile, perché “in quanto donna” è un inciso che dobbiamo inserire in qualsiasi commento o considerazione, come attenuante o come aggravante, a seconda dei casi – e mai nessuno che dica: più controproducente di “in quanto donna” nulla.

 

Insomma, alla veglia di ricordo di 50 musulmani uccisi in Nuova Zelanda da un suprematista bianco, Leen e Rose hanno affrontato Chelsea e Leen le ha detto: “Questo è il risultato di un massacro alimentato da persone come te e dalle parole che tu hai messo in circolo. E voglio che tu lo sappia, voglio che questa cosa tu la senta bene dentro di te. Quarantanove persone sono morte a causa della retorica che tu hai contribuito ad alimentare”. Leen e Rose hanno accusato Chelsea di aver contribuito al massacro suprematista perché il mese scorso aveva risposto ad alcune dichiarazioni della deputata democratica del Minneseota Ilhan Omar, che aveva denunciato la dipendenza di molti politici americani dalle lobby pro Israele. La Omar si è scusata per quelle frasi, ma nel frattempo le avevano dato di “anti americana”, e lei ha ribadito: dire come la penso, denunciare lo sbilanciamento della politica americana a favore di Israele non è anti patriottico, sono americana quanto voi se lo faccio. In quell’“anti americano” molti hanno visto sfumature etnico-razziali-religiose: la Omar è di origini somale ed è musulmana. Chelsea, rispondendo a un tweet, aveva ribadito che, da americana, si aspettava che tutti i politici eletti, “indipendentemente dal partito” la smettessero di trafficare con l’antisemitismo. Secondo Leen e Rose, “da americana” è un argomento “anti immigrazione”, “nazionalista”, “che esclude gente come la Omar”. Poiché lo stragista della Nuova Zelanda è nazionalista e ammazza musulmani, anche Chelsea, che sottolinea le sue opinioni “da americana” (un mese fa, in un altro contesto, rispetto ad altre frasi e a un altro dibattito), è sua complice.

 

E’ finita male per tutti. Le ragazze, Leen e Rose, sono state prese di mira sui social e hanno dovuto chiudere i loro account. Chelsea, in diretta sui telefonini, appare sulla difensiva, “non era mia intenzione farvi sentire così”, dice, e sembra si debba scusare, come se chiedere di non utilizzare i temi ricorrenti dell’antisemitismo ti renda immediatamente un’islamofoba. Sentendo odore di sangue – il sangue degli scontri dentro la sinistra – uno dei first son dell’Amministrazione trumpiana, Donald Jr, ha tuittato a favore di Chelsea, difendendola dai suoi accusatori (mentre suo padre diceva che il suprematismo bianco è una minoranza non rilevante e la capa della comunicazione della Casa Bianca, Kellyanne Conway, definiva lo stragista un “ecoterrorista”). Poco importa se lo stragista, nel suo manifesto, dice orgoglioso di essere un fascista e che gli ebrei gli vanno bene fintanto che non si muovono da casa loro e non deturpano la purezza etnica dell’Europa. C’è voluta la saggezza di un’altra donna, Neera Tanden, presidente del think tank Center for American Progress, per rimettere un pochino di ordine: in Nuova Zelanda “le vittime sono state uccise dall’odio bianco nazionalista – ha tuittato – Spendete il vostro tempo a combattere questo invece che combattervi uno con l’altro”. La Tanden rispondeva a Donald Jr, ma anche a tutte le altre.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi