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C'è un ricordo della notte della Brexit che è come un bacio dato a vuoto

Paola Peduzzi

Nonostante i Mondiali c'è qualcosa che riporta alla notte tra il 23 e il 24 giugno del 2016. Un'inchiesta spezzacuore

Nell’Inghilterra che ancora non è riuscita a fare i conti con la Brexit c’è un ricordo che resta lì, come una spina nel piede che nessuno ha mai tolto, e che in questi giorni in cui si sono celebrati i due anni dal referendum che ha cambiato la storia del paese (forse) per sempre è tornata a fare male. Ci si distrae guardando i Mondiali che stanno dando all’Inghilterra i sorrisi e l’eccitazione che non c’erano da tempo, ma la spina è lì, un ricordo che il tempo non cancella, e che riguarda la notte tra il 23 e il 24 giugno del 2016. Un paio di ore prima che uscissero i primi risultati del referendum, tutti erano convinti che la Brexit avesse perso. Molti leader della campagna per uscire dall’Unione europea andarono a dormire, assonnati e sconfitti, e furono poi risvegliati da mogli che non dormono mai che entrarono in stanza urlando: abbiamo vinto! abbiamo vinto! Non è che i leader brexitari non avessero fiducia nelle proprie chances di vittoria, ma si erano lasciati convincere dal fatto che, due ora prima dell’inizio dei conteggi effettivi, Nigel Farage, leader dell’Ukip e leader dei falchi della Brexit, aveva detto in tv che la battaglia era perduta, che i dati davano – sondaggio di YouGov alla mano, e un manager in tv a spiegare i dati – una prevalenza di voti (52 per cento) contrari all’uscita dall’Ue. Perché mai Farage avrebbe dovuto parlare di sconfitta nella battaglia più importante della sua vita se non ne era assolutamente certo? Perché i sondaggisti non dissero che la corsa era “too close to call”, prendiamoci tanti caffè e vediamo come va a finire?

  

Bloomberg News ha preso quel ricordo di petto, e per sette mesi ha cercato di capire perché l’allora leader dell’Ukip avesse mandato i suoi tutti a letto piangendo, senza aspettare i risultati – fin dal primo dato effettivo fu chiaro che le cose stavano molto diversamente rispetto a quel che si era pensato fino a quel momento. Ne è venuta fuori un’inchiesta (pubblicata ieri) che analizza il rapporto esistente tra le società dei sondaggi e gli hedge fund, i soldi che queste società guadagnano per creare rilevazioni commissionate ad hoc o anche per avere, in anticipo rispetto ai media, quelle riguardanti elezioni e referendum. Secondo la ricostruzione di Bloomberg, le dichiarazioni di Farage e il sondaggio YouGov hanno fatto guadagnare milioni di sterline ad almeno cinque hedge fund , ma quando c’è stata la seconda dichiarazione del leader dell’Ukip – questa volta all’Associated Press – sulla vittoria del “remain” lui era già a conoscenza di sondaggi che davano la Brexit vittoriosa. Farage ha cambiato la sua versione tre volte, cercando di difendere in particolare l’istituto di sondaggi Survation che è di un suo amico: Farage continua a sostenere di aver avuto la notizia della probabile vittoria quando ormai aveva già parlato ai giornalisti, dice di aver commesso “un grande errore”, ma di essere stato molto cauto nell’ammettere la sconfitta: sono stati i giornali a fare titoli senza le sue sfumature, la colpa è come sempre dei giornalisti che proiettano nel racconto dei fatti le loro speranze.

 

L’andamento della sterlina di quella notte mostra che c’è stato un momento durato un paio d’ore in cui tra le notizie date in pubblico e i sondaggi consegnati agli hedge fund i guadagni sono stati enormi. Ognuno ora, tra sondaggisti e manager della finanza, ricostruisce minuto per minuto quella nottata, tra dichiarazioni pubbliche e affari privati, ma il sospetto che qualcosa sia accaduto dietro le quinte, in quelle ore trascorse tra il momento di infilarsi il pigiama e quello di preparare la colazione, ha ora qualche ragione in più di esistere. Anche se non basta come consolazione, anche se non cura il piede, la spina non esce, non uscirà, perché il ricordo di come poteva essere e non è stato non si cancella più, come un bacio dell’amore vero dato a vuoto.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi