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contro mastro ciliegia

Garantismo, furgoni e balle

Maurizio Crippa

Non fu diffamazione scrivere che il video dei Ris che immortalava l'Iveco Daily di Bossetti attorno alla palestra di Yara era "una patacca". Anzi peggio: oggi un giudice dice che quel falso fu lesivo del “fondamentale principio della presunzione di innocenza dell’imputato"

Ci sono due modi diversi per farsi un’idea della riforma della giustizia cui sta lavorando, lavoro matto e Dio non voglia disperatissimo, il ministro Cartabia. Il primo è bersi le fanfaluche del dottore Di Matteo al Fatto, secondo cui “vogliono vendicarsi” (chi?) per “evitare che la magistratura possa essere troppo incisiva”. La seconda è leggere Luigi Ferrarella, firma di giudiziaria tra le più puntuali. Sul Corriere racconta un caso concreto, che illumina tragicamente uno degli aspetti delle riforme in corso.

Il caso Yara Gambirasio e il video "patacca" del furgone di Bossetti

Rewind. Nel febbraio 2015 stava per iniziare il processo a Massimo Bossetti, accusato del rapimento e omicidio di Yara Gambirasio, la ragazzina di Brembate uccisa nel 2010. Già qualche mese prima, dicembre 2014, le tv avevano diffuso immagini che sembravano provare (anzi: per la stampa provavano e basta) che il furgone di Bossetti avesse girato attorno alla palestra di Yara. Ai primi di marzo 2015, il processo è appena iniziato, ecco arrivare il filmato-pistola fumante: le tv mandano nelle case degli italiani un video, con tanto di logo dei Carabinieri del Ris di Parma, che mostra un furgone girare più e più volte attorno alla palestra. “Poteva essere solamente l’Iveco Daily di Bossetti”, certificano gli inquirenti, trasformando un possibile elemento processuale in una sentenza emessa via telegiornale. Bossetti è stato condannato all’ergastolo, e tocca augurarsi che i giudici avessero in mano prove meno farlocche. Perché già a processo in corso, novembre 2015, si era scoperto che il video era un falso: era stato montato ad arte dai Carabinieri – in accordo con la procura di Bergamo – per soddisfare “esigenze comunicative”. Cioè fabbricato per essere distribuito ai mezzi di informazione affinché convincessero l’opinione pubblica che Bossetti era colpevole.

Fu lo stesso comandante del Ris di Parma, il colonnello Giampietro Lago, ad ammetterlo in tribunale a Bergamo. Il formidabile archivio di Ferrarella non dimentica mai niente, ed è stato l’unico ad accorgersi che ora il tribunale di Milano ha assolto alcuni giornalisti dall’accusa di aver diffamato, all’epoca, il Ris (scrissero “patacca” e video “taroccato”). E non solo perché dicevano il vero; ma perché, udite udite, quel falso creato a scopo “comunicativo” fu lesivo del “fondamentale principio della presunzione di innocenza dell’imputato che, anche in base alla direttiva Ue n. 343 del 2016, deve proteggere gli indagati da mediatiche sovraesposizioni deliberatamente volte a presentarli all’opinione pubblica come colpevoli prima dell’accertamento processuale definitivo”. Un decreto che sta per entrare in vigore per tutelare la presunzione di innocenza intende proprio vietare ai giornalisti (e ai pm) scambi di comunicazioni troppo ravvicinate. In altre parole: chiudere il circo(lo) vizioso mediatico-giudiziario, onde evitare che prove addirittura inventate dagli inquirenti possano condizionare processi e opinione pubblica. Di Matteo dice che la riforma della giustizia priverà i magistrati del “controllo di legalità”. Basta un esempio come questo per spiegare che il controllo di legalità e la manipolazione di legalità sono due cose molto diverse.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"