Fesserie al macero

La biografia che accusava Philip Roth di essere un porco sarà rottamata dall'editore, perché hanno scoperto che il biografo è più porco di lui. Una grottesca vicenda che la dice lunga sulla pochezza culturale degli editori che si inchinano al #MeToo e dei disastri della cancel culture che divora i suoi figli

Maledetti siano gli editori. Anzi forse sarebbe meglio dire: ben gli sta. “Non abbiamo fatto in tempo a finire la biografia di Philip Roth scritta da Blake Bailey che anche il biografo è finito sulla graticola del #MeToo”, aveva appena finito di lamentarsi qualche giorno fa, o di sghignazzare, la divina Mariarosa. Appena scoperto che il biografo, che tanto aveva sudato per sfornare qualche orrore sessual-razziale cui appendere la pelle del quasi premio Nobel, era stato a sua volta “accusato di molestie da un certo numero di signore e signorine che come capita nei film di fantascienza hanno ricuperato tutte insieme la memoria”. La nuova polifonia delle molestate era stata sufficiente, nel volgere di un mattino, a convincere la casa editrice W. W. Norton a sospendere presentazioni e pubblicità, a bloccare le spedizioni, a cancellare la seconda tiratura (chi di #cancel colpisce). Mariarosa non aveva ancora finito di sghignazzare, che abbiamo iniziato pure noi. Eravamo a bocca spalancata davanti alle dozzine di letterati da social e critici della mutua (si può ancora dire, “della mutua?”) che spiegavano la necessità di non leggere mai più una sola riga del Porco di Newark, dopo averne scoperto la biografia, che ce li siamo immaginati, quelli come il Bazzi e la Murgia: e adesso come fanno, che non possono più nemmeno leggere il biografo sputtanatore? Badate, il problema  è complesso, sotto il profilo ermeneutico: se pure Blake Bailey è un porco, immediatamente perde valore e veridicità anche il suo lavoro. Non che le sue ricerche si disvelino per false, ma non è più possibile prenderle in considerazione, né leggerle. Perché del porco si butta tutto. Bisognerebbe chiedere, a questi talentuosi naif dell’Inquisizione, se a quarto punto, e per così dire in automatico, Philp Roth possa essere reintegrato a genio: visto che la biografia che lo accusa è stata cancellata. Ma non abbiamo fatto in tempo a goderci nemmeno questa liberatoria risata (ridere dei fessi e dei tartufi è sempre liberatorio) che arriva la notizia definitiva.  W. W. Norton & Company ha deciso di mandare al macero, proprio al macero, il librone del biografo che non sapeva fermarsi di fronte a un “NO”. Quel magnifico domenicano rinascimentale di Savonarola avrebbe organizzato scenografici roghi, almeno. La rivoluzione #MeToo che mangia se stessa, si potrebbe dire. Ma non facciamola così tragica, la situazione è comica. Per capire quanto faccia ridere questa accelerazione da film di Ridolini dei cancellatori che cancellano se stessi, bisogna ricorrere a una loro illustre vittima, Woody Allen. Nel “Dittatore dello stato libero di Bananas”, ogni nuovo satrapo rivoluzionario impazzisce  poco dopo aver preso il potere; cosicché una canna di fucile spunta tra le frasche e bum!, via l’epurato, mettiamone uno più puro di lui. In una accelerazione, appunto, da Oggi le comiche che spiega i processi di purificazione di massa molto meglio di un saggio di LeGoffe. Ma c’è qualcosa di più grave da notare. Per tornare all’inizio: maledetti editori.  La casa editrice, così attenta alla corretta biografia dei suoi autori, non solo ha deciso di rottamare “Philip Roth: The Biography”, che pure avrebbe potuto essere il colpaccio della sua storia. Ma ha anche deciso di ritirare e mettere fuori produzione con effetto immediato  un altro libro di Bailey, uscito nel 2014, “The Splendid Things We Planned”. Non siamo sicuri che sia una perdita per la storia della letteratura, ma i libri che vanno al macero non ci hanno mai mai fatto piacere. Comunque sia, dice con liberalità l’editore, Bailey “se vuole potrà cercare un editore altrove”. E ci mancherebbe che non potesse. La presidente di W. W. Norton & Company, Julia Reidhead si chiama, ha anche annunciato che verrà fatta una donazione “a sei cifre”, tanto era l’anticipo dato a Bailey, a organizzazioni che difendono le vittime di molestie sessuali. Ognuno dei suoi soldi fa quel che vuole, persino le opere di bene. E un editore è anche libero di valutare i propri libri in base alla morale di chi li scrive e non in base alla loro qualità. Però, fossero almeno bravi nel loro lavoro, il porco scribacchino lo dovrebbero scoprire prima. A libro pubblicato, son capaci tutti a mandare al macero.

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