L'amore da monadi che cominciò con le balle di Love story

Maurizio Crippa

“Amore significa con dover mai dire mi dispiace” è una frase banale e soprattutto una falsità. La frase di Noa, “amare è lasciare andare, in ogni caso”, è altrettanto falsa

Love story è uno dei film più brutti della storia del cinema, tolta Ali MacGraw (emoticon: Heart), ma ebbe uno straordinario successo. Una colonna sonora melensa, ma fu in cima alle hit per mesi. E aveva questa battuta-claim che fece epoca, “amore significa con dover mai dire mi dispiace”. Banale pure per i noti cioccolatini, e soprattutto una falsità. Ricondotta a ragione, suona: amore significa che non bisogna mai sbagliare. Affermazione destituita di realtà. Oppure: amore significa che nella vita nulla debba mai andare male. Idem. Ma quel fake claim fu preso molto sul serio dalla mia generazione, come la rivelazione definitiva di cosa fosse l’amore: un’equivalenza sentimentale tra impossibili, adùnaton, avrebbero detto i greci. La presero così sul serio, la fake, che infatti tutti smisero di sposarsi, e ancor più di fare figli. Storia che sappiamo. Ora Noa di diciassette anni ha scritto un’altra frase: “Amare è lasciare andare, in ogni caso”. E maledetto sia chi non ne sa piangere. Però, peggio dell’aforisma di Love story, è una frase altrettanto non vera. E accettarla senza contraddirla, nascondendosi sotto la dolce ala dell’indifferenza, significa essere passati dall’amore che esiste solo se non si sbaglia a un’altra balla, anzi la metastasi di una falsità. Che amore sia una cosa che non prevede, in fondo, un legame, un prendersi cura. Che siamo monadi ognuna chiusa nel proprio safe space, e poi ognuno è solo nel suo personale inferno. E invece l’amore, fosse pure dannazione, è Paolo e Francesca: bruciare dentro la stessa fiamma, non lasciare andare. Fosse pure all’inferno.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"