contro mastro ciliegia
Primo maggio in fuga
La "generazione ansia" e la generazione "lavorare stanca". Gli specialisti si interrogano sulla fragilità degli adolescenti e danno (un po' troppa) colpa alla scuola. Ma quando si cresce, dice una ricerca, il lavoro che dovrebbe rendere più sicuri, più liberi, finisce in fondo agli "interessi". Un po' comodo?
Ieri due pensose interviste a due grandi esperti, lo psicoanalista Massimo Ammaniti e il pedagogista Daniele Novara, battevano sullo stesso dolentissimo tasto, “il disagio esistenziale dei ragazzi va ascoltato”, soprattutto a scuola, e poiché “la scuola non è una gara dove alla fine c’è un vincitore” bisogna abolire ogni aspetto ansiogeno e competitivo, e “tocca ai prof cambiare”. Tutto vero, o forse quasi, compreso che per Ammanniti la rovinosa mutazione genetica degli adolescenti è tutta colpa degli smartphone. Avremmo detto dei genitori, ma ci fidiamo. Perché poi, nella scuola meno competitiva del mondo, gli adolescenti debbano essere “schiacciati” dagli attacchi di panico non è chiaro, ma ci fidiamo. Però poi una mattina ti sei svegliato, e diventi un young adult. Ed ecco pronta, per il Primo maggio, una bella ricerca di Legacoop che spiega che il lavoro – cioè quel diritto che dovrebbe contribuire a farti libero – è soltanto ottavo negli interessi dei 18-34enni: prima ci sono l’onestà (non sarebbe un prerequisito?), la libertà, la sincerità, il senso della famiglia. Poi ovviamente ci sono le richieste di sicurezza, stabilità del lavoro, giustizia sociale. Ma, evidentemente, che queste siano variabili in varia e molta misura dipendenti dal fatto di “interessarsi” al proprio lavoro, e farne un centro di impegno e magari fatica, non è contemplato. Lavorare, stanca.
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