Diego Rivera, dettaglio di un murale nella Galleria nazionale di Città del Messico

Cinquant'anni di solitudine sono passati. Avanti gli altri

Maurizio Crippa

Dal Venezuela al Brasile alla stessa Colombia, quel mito latinoamericano, nonostante il Papa argentino, lascia un sapore amaro e strano

"Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio". Siccome non sono un connoisseur ma un dilettante delle lettere come Snoopy col suo “Era una notte buia e tempestosa”, l’incipit di Cent’anni di solitudine continua a essere quello cui sono più affezionato, assieme a “Chiamatemi Ismaele”. Di recente ho messo in playlist anche “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. Ma quello non è un romanzo. Il romanzo di Gabriel Garcia Màrquez uscì il 30 maggio 1967, lo lessi qualche anno dopo, al liceo. Più o meno negli anni in cui Macondo era diventato, a Milano e per breve tempo, anche un luogo fisico e strano, un luogo che non c’era prima e mai mi azzarderei a chiamare centro sociale. Non ci andai mai. Lo aveva fondato Mauro Rostagno, che non conobbi mai ma che, molti anni dopo, Adriano Sofri mi avrebbe condotto a conoscere, come un perduto fratello maggiore. Estraneo a quel mondo, estraneo a quel libro, di entrambi, come tanti della mia età, sentii ugualmente il fascino. Era il mood dell’epoca, si sarebbe detto molti anni dopo. E cinquant’anni dopo la visione di come sia precipitando in un gorgo, dal Venezuela al Brasile alla stessa Colombia, quel mito latinoamericano, nonostante il Papa argentino, lascia un sapore amaro e strano. Di irrealismo magico. (Scritto così, come memoria di buona lettura. Cinquant’anni di solitudine sono passati. Avanti con gli altri).

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"