Memory

Mariarosa Mancuso

La recensione del film di Michel Franco, con Jessica Chastain, Peter Sarsgaard, Brooke Timber, Josh Charles

Film indipendente. Quindi l’anno scorso alla mostra di Venezia era accompagnato dagli attori, su licenza del potente sindacato e a sciopero ancora in corso. Indipendente e carico di istanze: il messicano Michel Franco cerca di combinare l’Alzheimer e il trauma dello stupro. Ah sì, certo c’è anche l’alcolismo.

 

Jessica Chastain ha smesso di bere da una decina d’anni, lavora in un centro diurno di cura, vive con una figlia adolescente, e ha paura di tutto. Appena torna a casa spranga la porta, per aggiustare il frigorifero richiede che venga una donna. Di ritorno da una riunione di ex allievi, un uomo la segue, scende in metropolitana con lei, e la segue fino a casa. Lei naturalmente è spaventata, lui non dice una parola. Il giorno dopo lo trova ancora lì, mezzo congelato, addormentato nel negozio di pneumatici adiacente. Scatta il riflesso da crocerossina. Cerca il portafoglio, trova un numero, scopre che il poveretto soffre di demenza senile. Non ricorda dove abita. Vagava in cerca della casa dove vive con il fratello. Si chiama Saul e non ricorda neppure il fattaccio di cui Jessica Chastain lo accusa: era amico del suo stupratore, e stupratore a sua volta, quando lei aveva 12 anni. Lui ha la solita espressione persa. E lei si sbaglia. Il primo passo per un’amicizia tra persone ferite, che cominciano a frequentarsi. Lei si scioglie dal ricordo ossessivo. Lui si affeziona. Michel Franco li osserva, con lentezza, nel grigio che più grigio non si può.

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