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Ancora un'estate

Mariarosa Mancuso

La recensione del film di Catherine Breillat, con Léa Drucker, Samuel Kircher, Oliver Rabourdin

Alcuni sono errori. Questa è idiozia (e dunque incomprensibile). Il film raccontava “L’estate scorsa”. Quale sconvolgimento temporale ha spinto i titolatori italiani a farlo diventare “Ancora un’estate”, con il suo carico di adolescenziale speranza, invece della nostalgia? Proprio convinti che farà vendere più biglietti? Peccato, perché finalmente Catherine Breillat ha mollato gli arzigogoli del porno d’autore francese – genere insopportabile, a volte con Rocco Siffredi pensoso e vestito da capo a piedi – per costruire una storia. Con personaggi antichi, per carità: è la storia di Fedra che si innamora del figliastro Ippolito (nella tragedia di Euripide, con l’aiuto di Afrodite che ci mette lo zampino). Più vicino a noi, è remake di un film danese, intitolato “Regina di cuori” e diretto da May el Toukhy, regista di origine egiziana, e definito ovunque “erotic thriller”.

La bionda e elegante Anne ha sposato il ricco Pierre, che invita Theo, il figlio avuto dalla prima moglie, a passare l’estate nella villa, con loro e due gemelline cinesi adottate (e adorabili, paiono uscite da un fumetto). Il diciassettenne Théo fa il primo passo. Bello come il sole, e altrettanto insinuante, sempre a torso nudo, è il serpente che turba il paradiso. Gite in bicicletta, baci rubati, e tutto l’armamentario della seduzione. Anne è abbastanza annoiata – alla ricchezza si è abituata, il marito non brilla, lei fa l’avvocato e difende le donne vittime di violenza. E si sottrae sempre più debolmente.

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