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Un solo colpo per il cervo

Lucky Red rimanda nei cinema il 22 gennaio “Il cacciatore”. Tre giorni per vedere un grande film

Mariarosa Mancuso

L’Italia ha scoperto di avere un pubblico di cinefili. In cima alla classifica – fino al giorno prima che uscisse Leonardo Pieraccioni con “Pare parecchio Parigi” – c’erano Wim Wenders con “Perfect Days” (ha superato i due milioni di incasso) e Hayao Miyazaki con “Il ragazzo e l’airone”, film d’animazione che toccherà i sei milioni nel fine settimana – se tutti gli spettatori non vireranno in direzione di Alexander Payne e il suo “Holdovers”. Il pubblico per i film popolari si era già manifestato con gli incassi del confettoso “Barbie” di Greta Gerwig, e del film di Paola Cortellesi, dal titolo beneaugurante – così l’ha inteso il mondo del cinema italiano – “C’è sempre domani”.
     

Ci sarà spazio anche per “Il cacciatore”, che Lucky Red rimanda nei cinema il 22 gennaio? Tre giorni per vedere un grande film, in versione restaurata, a misura dello spettatore del 1978. Quando nasceva la nuova (e giovane) Hollywood. Quando si poteva mostrare una battuta di caccia con il cervo morente (una sola pallottola, se no non è leale, spiega Mike/Robert De Niro all’inizio del film). C’era la guerra in Vietnam, nel 1972 era uscito “Il Padrino” di Francis Ford Coppola: altra grande epica, criminale e italo-americana. A dicembre del 1979 sarà la volta di “Apocalypse Now”. Sofia Coppola, grande narratrice di “vergini suicide”, o comunque maltrattate, è l’ultima rampolla della dinastia.
     

Tre ore di durata, per tre atti perfetti, come insegnano le regole della drammaturgia – valgono anche al cinema, se uno vuol raccontare bene una storia. E’ un peccato che poi Michael Cimino si sia perso nei “Cancelli del cielo”, con la scena sui pattini a rotelle che ricorda il ballo dopo il matrimonio di Steven e Angela. Americani di origine russa, come gli amici che lavorano con Steven nell’acciaieria di Clayton, Pennsylvania. Mike (DeNiro) di cognome fa Vronsky.
     

I festeggiamenti occupano tutto il primo atto, secondo le usanze russe. Non finiscono quando l’alcool è finito, e gli amici girano in macchina, dopo le battute e gli schiamazzi. Il giorno dopo tutti a caccia Già sanno che devono partire per il Vietnam. Christopher Walken (nel film si chiama Nick) si fa promettere da Robert De Niro che “non lo abbandonerà mai laggiù”.
     

Il secondo atto racconta la guerra e la roulette russa, gioco macabro a cui sono sottoposti i prigionieri catturato dai vietcong. Per forza o per denaro, vedremo poi, in una Saigon di bordelli e case da gioco  Nel terzo atto, i reduci che tornano nella cittadina: hanno conosciuto il terrore, chi ha perso l’uso delle gambe e chi è impazzito. Come nei film sui veterani della seconda guerra mondiale: la “guerra giusta” degli Usa. Da un matrimonio a un funerale, cinque Oscar e un Golden Globe. Aspettiamo con curiosità gli incassi.

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