Adam Driver - foto Ansa

Film

L'ansia verrà pure insieme al talento, ma non è il caso di Adam Driver

Mariarosa Mancuso

La rispostaccia data allo spettatore che alzava la mano dal pubblico chiedendosi: "Come mai le scene dell’incidente durante le Mille Miglia sono così brutali, scioccanti e trascurate nella messa in scena?"

Il nuovo film “Inside Out 2” della Pixar, alla Tristezza, alla Gioia, al Disgusto, alla Rabbia e alla Paura, ha aggiunto l’Ansia: riccioli arancioni a serpentello e troppe valigie per due manine sole (il film uscirà a giugno del 2024). E dev’essere stato un attacco d’ansia – la prima uscita in pubblico dopo sei mesi di inattività, per di più in Polonia, luogo che l’attore faticherebbe a trovare sulla carta geografica e il film “Ferrari” da accompagnare – a scatenare la rispostaccia di Adam Driver al poveretto che alzava la mano dal pubblico. Per chiedere, supponiamo con cortesia e con il rispetto che si mostra alle star premettendo “il film mi è piaciuto molto”: “Come mai le scene dell’incidente durante le Mille Miglia sono così brutali, scioccanti e trascurate nella messa in scena?”.

 

 

Lo sono, in effetti, e lo avevamo notato anche alla Mostra di Venezia, prima proiezione del film. Per chi non fosse ferrato alla voce “incidenti durante le Mille Miglia”, l’incidente è preannunciato da un rottame, o qualcosa di simile, abbandonato sull’asfalto (dell’epoca, siamo nel 1957, quindi non liscissimo). Dalle parti di Guidizzolo, la Ferrari di Alfonso de Portago centra l’ostacolo con una ruota,  e schizza fuori strada (dell’epoca, quindi strettina e senza protezione: undici vittime tra cui cinque bambini). Non si capisce se la casa automobilistica abbia posto dei vincoli – per esempio non far vedere Ferrari accartocciate – e tutto si svolge molto rapidamente. Considerato che il regista è Michael Mann, o era distratto o non voleva spaventare il ragazzini (che vedono ogni giorno molto di peggio).

Sul film si era già polemizzato alla Mostra di Venezia, perché secondo Piertutto Favino – copyright Stefano Disegni, che gli prestò il pennarello per farsi da solo la sua vignetta satirica – Enzo Ferrari deve essere interpretato da un attore italiano. E pure Gucci. E pure Topo Gigio. Come si era permesso Saverio Costanzo di scritturare Adam Driver accanto a Alba Rohrwacher, in “Hungry Hearts” – tratto dall’italianissimo libro “Il bambino indaco” di Marco Franzoso? Ora siamo in periodo autarchico, ma non c’è ogni minuto un italiano da portare sullo schermo e sperando che il film incassi come “Barbie” (già gli abbiamo rifilato “L’amica geniale”, che secondo i più sfugge agli stereotipi – dei maschi, non certo quelli delle donne).

Adam Driver ha l’ansia – dopo mesi di inattività – perché gli attori hanno l’ansia, come dire, incorporata. Una giovane attrice della Comédie française aveva chiesto al suo regista, un tipo abbastanza famoso, “come mai qui tutti attorno a me hanno l’ansia da palcoscenico, e io invece sono tranquilla? Il celebre regista rispose: “L’ansia verrà insieme al talento”

Non è il caso di Adam Driver, che si era fatto notare in “Girls”: il peggior moroso con cui Lena Dunham si rotolava sul malconcio divano senape, in giochi erotici a volte dubbi (non nella sostanza, per il fatto che “dopo” erano sempre tristi tutti e due). È anche l’unico che ricordiamo, entrato nel cinema da Oscar. E con “Marriage Story”, accanto a Scarlett Johansson, è il marito separato che tutte sognano. Sa cantare, ballare (in “Annette” di Leos Carax) e andare in guerra: si arruolò dopo l’11 settembre nel corpo dei marines.

Adam Driver ha l’ansia perché non è sicuro, dopo o sciopero, di riuscire a incastrare tutti i progetti. Magari si sono accavallati, in caso di grosse produzioni il margine di gioco è ridotto. Quanto ai film già girati, Wikipedia ha messo una croce tombale accanto a “Megalopolis” di Francis Ford Coppola. Vuol dire: non uscirà. E potrebbe non essere un male, visti gli ultimi film del regista vignaiolo.

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