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L'intervista

"Enzo Ferrari era pieno di contraddizioni e ambivalenze, come la vita". Parla Michael Mann

Giuseppe Fantasia

Il Drake "piace a tutti perché è un personaggio universale che ha attraversato la perdita, la passione e il dolore, nello stesso momento", afferma il regista che alla Mostra del cinema di Venezia ha portato il suo ultimo film, "Ferrari"

Venezia. Un uomo, un cognome e un simbolo – il Cavallino Rampante (usato come portafortuna dopo il beneplacito dei conti Baracca, tutto nero e con lo sfondo giallo, il colore della sua città, Modena) – conosciuto in tutto il mondo come la Coca Cola o la Nutella. Cos’ha avuto di così speciale un modenese come Enzo Ferrari (1898-1988)? "Tutto", spiega il regista Michael Mann che è qui al Lido di Venezia per presentare in concorso all’80esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica il suo nuovo film. Si intitola Ferrari, e non poteva essere altrimenti. Ha impiegato trent’anni per realizzarlo, dopo aver visitato nel 1993 la cripta di famiglia del “Drake” dei motori al cimitero San Cataldo di Modena, "ma l’incontro con quelle macchine uniche, è avvenuto molti anni prima", precisa. "Era il 1967 ed ero uno studente di cinema a Londra, avevo 24 anni. Un giorno, uscendo dalla metropolitana ebbi una sorta di visione. Davanti a me c’era una Ferrari 275, una vera e propria scultura sensuale in movimento dove bellezza e performance formavano un tutt’uno insieme". Adesso, più di mezzo secolo dopo, Mann può così celebrare il suo canto d’amore per questa auto costato 95 milioni di dollari, un film in uscita nelle sale per 01 distribution entro la fine dell’anno. Un film hollywoodiano, ma indipendente, altrimenti oggi qui non avremmo visto parte del cast, da Adam Driver, nei panni di Enzo Ferrari, e Patrick Dempsey, in quelli del pilota automobilistico Piero Taruffi.

Ma torniamo alla domanda iniziale a cui continua a darci risposta proprio Mann.

"Ferrari piace a tutti – in Italia come all’estero – perché è un personaggio universale che ha attraversato la perdita, la passione e il dolore, nello stesso momento". A soli 18 anni infatti, racconta, dopo l’improvvisa perdita del padre e del fratello – divenne il capofamiglia e fu costretto ad abbandonare gli studi. Iniziò a lavorare nella scuola tornitori dell’officina pompieri di Modena e poi da lì, dopo il “no” della Fiat, si trasferì comunque a Torino per lavorare come collaudatore presso una piccola azienda e continuare poi a Milano. Da lì, il suo esordio nel 1919 in gara, vincendo con un’Isotta Fraschini che sostituì poi, nelle gare successive, con un’Alfa Romeo a cui rimase legato fino al 1939. Fondò la Scuderia Ferrari nel 1929 (ecco la passione, ndr), l’anno dopo, e con Laura Garello (nel film interpretata da Penelope Cruz, assente al Lido “per motivi personali”, ndr) ebbe il figlio Alfredo detto “Dino” che però morì prematuramente a soli 24 anni per una distrofia muscolare.

“Un padre si illude sempre, pensavo che fosse come una mia macchina, come uno dei miei motori”, si legge nel libro The Man and The Machine, ancora inedito in Italia. Con l’amante Lina Lardi (Shailene Woodley) ebbe invece Piero, vice presidente della Ferrari dal 1988, anche lui oggi sul red carpet veneziano. E la sua storia è continuata facendo a sua volta la Storia fino ad arrivare al titolo mondiale ottenuto nel 1952, l’amicizia fortissima con i “nemici” (Adolfo Orsi, proprietario di Maserati, e Vittorio Stanguellini, pioniere dell’aerodinamica), la rinascita della Ferrari con una nuova scuderia, altre corse, altre vittorie, altri titoli, anche accademici. Il titolo ad honorem di “ingegnere meccanico” e la laurea in Fisica, ad esempio. “Con tanti riconoscimenti – disse – mi è venuto il dubbio di essere qualcuno”.

"La sua è una storia profondamente umana, un personaggio così dinamico che più andavamo nello specifico, scavavamo in profondità, e più diventava universale", aggiunge Mann. "Quella di Ferrari è la storia di un italiano che ce l’ha fatta da sé in un’Italia (il film si svolge nel 1957, ndr) ancora contadina, ma già dipendente dalla tv che diventerà più tardi commerciale, un uomo all’avanguardia nel fabbricare macchine da corsa, seducenti come sirene, ma il canto è il rombo del motore e il suono originale lo abbiamo riprodotto nel film. Abbiamo infatti usato il suono delle autentiche macchine dell’epoca, registrando con sette microfoni e usando vetture esattamente identiche, dopo aver studiato le originali grazie alla generosa accoglienza della Ferrari. Enzo viveva per le gare, la parte business era solo una scusa per mantenere in vita le corse, la sua vera passione». «Era scontroso e non era un tipo facile, ma estremamente intelligente e ironico, ossessionato dalle vittorie. Ai suoi piloti chiedeva dedizione, feroce determinazione e brama di vincere. Era un uomo d’altri tempi, come dimostra la sua frase: “Quando mia moglie mi faceva una scenata di gelosia, le spiegavo che, dopo tutto, era con lei che tradivo le altre donne”. "Era pieno di contraddizioni e ambivalenze, come la vita" conclude Mann, produttore del film insieme ad Andrea Iervolino e Monika Bacardi.

L’uomo con gli occhiali scuri sempre sul volto, geloso delle donne dei suoi piloti, "le sue rivali più pericolose", morì a 90 anni, ma non il suo mito che oggi e più vivo che mai.