"Cut! Zombie contro zombie" (Ansa) 

popcorn

Alla Festa del Cinema di Roma vanno film che non avranno una normale programmazione

Mariarosa Mancuso

“Cut! Zombie contro Zombie”, in programma ieri, ha aperto anche lo scorso maggio il festival di Cannes. Eppure da noi sarà un'uscita evento per Halloween: quel che i francesi consideravano il massimo del pop, in Italia non riesce a mettere insieme abbastanza spettatori

La Festa di Roma ha una sezione Grand Public. Grande pubblico, in francese deve essere sembrato più chic. Ospita i film che si suppone piaceranno agli spettatori, invece di uscire in poche sale (a dispetto dei premi vinti, e dei pensosi articoli che ne vantano i pregi) oppure finire su Mubi, che prosegue nel vizio di presentare i suoi titoli ai cinefili amanti delle parole in libertà.

Lo streaming cineclubbistico Mubi propone oggi, con lo slogan “Filmetto o scherzetto”, un film che “si dipana come una matrioska, mischiando commedia e horror per dare origine a una meticolosa satira che va oltre l’esercizio formale”. Tradotto: è il film giapponese di Shinichiro Ueda “Zombie contro Zombie”. Basato sulla semplice ma geniale idea: cosa accadrebbe se sul set di un film di zombie arrivassero davvero i morti viventi affamati di carne umana?

In programma alla Festa di Roma (sezione Best of 2022) c’era ieri il remake diretto da Michel Hazanavicius (ricordate “The Artist”?, muto e in bianco e nero con fox terrier attore?). Intitolato “Coupez!”, ha aperto lo scorso maggio il festival di Cannes, ottimo esempio del grande disordine sotto il cielo cinematografico. Gli spettatori italiani che amano il genere potranno vederlo al cinema dal 31 ottobre al 2 novembre: uscita evento per Halloween, con il titolo “Cut! Zombie contro Zombie”. Quel che il festival francese considerava il massimo del pop, in Italia non riesce a mettere insieme abbastanza spettatori per una normale programmazione.

Uscirà l’17 novembre, in cerca di spettatrici compiacenti, “La signora Harris va a Parigi”. A Hollywood esistevano i woman’s film, una donna protagonista e un po’ di melodramma per contorno. Qui abbiamo una vedova di guerra, nell’Inghilterra degli anni 50, che facendo le pulizie in casa dei ricchi (pessimi pagatori) vede in vestito da sera Dior e se ne innamora. Sta al buio e al freddo per risparmiare il gas, scommette alle corse dei cavalli, investe la pensioncina del marito e finalmente sale sull’aereo per Parigi (il vicino di posto si accende una sigaretta, per chiarire l’epoca).

Parigi ha la spazzatura per le strade, la signora Harris va a piedi dall’aeroporto alla Maison Dior. Riesce a entrare, e mostra il rotolo di banconote alla direttrice Isabelle Huppert che la vorrebbe cacciare in malo modo – ma la guardia di sicurezza comunista ha un debole per la povera gente che lavora. La montagna di assurdità viene da un romanzo dell’americano Paul Gallico, che scrisse storie di gatti e “L’avventura del Poseidon”. Ci sono i sogni, la lotta di classe, Dior che deve andare incontro alla nuova clientela (una linea prêt-à-porter, magari?), un fazzoletto in testa per fare le pulizie accomodato da tre costumiste almeno.

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