Photo by Erik Mclean on Unsplash 

popcorn

La descrizione del film del giorno su Mubi è sempre uno spasso

Mariarosa Mancuso

Un meccanismo che riduce l'angoscia della scelta tra titoli e registi mai sentiti nominare, ma che rischia di proporre titoli che rientrano nella per noi famigerata categoria "film con le capre". E poi ci sono gli sciagurati copywriter, che sembrano più che mai affidarsi a Google traduttore

Mubi, abbiamo un problema. Non tanto con i film, era chiaro in partenza che una piattaforma-cineclub non sarebbe stata in cima alle nostre preferenze. I titoli proposti che vale la pena di vedere sono pochi, e in genere li abbiamo già visti ai festival. Abbiamo visto ai festival anche buona parte dei rimanenti, e in molti casi sentiamo ancora la schiena e le ginocchia che dolgono, al ricordo delle ore (e ore) in lingue esotiche. Se capitava di addormentarsi, voleva dire sprofondare nel nulla, non più cullati da una lingua familiare che ci ricordava “sei al cinema”.

Mubi, abbiamo un problema. Serio, con le mail che ogni mattina propongono il film del giorno (così la piattaforma riduce l’angoscia della scelta tra titoli e registi mai sentiti nominare). “Bad Lucky Goat”, per esempio. Non solo rientra nella per noi famigerata categoria “film con le capre”, ma promette uno spiraglio “su una cultura isolana distintiva e poco rappresentata”. Neanche i film con le isole stanno in cima alle nostre preferenze. Ma il problema è un altro: cosa dobbiamo intendere per “distintiva”? Da quale inglese l’avete tradotto? Qualche riga dopo, la sintesi “Escapismo duro e puro”. Bello sarebbe vedere l’originale: “escapismo” nelle trame e nelle critiche tradotte a calco dall’inglese vuol dire “film d’evasione”, e malissimo si concilia con “duro e puro” – chissà com’era in inglese, possiamo solo sognare.

Capiamo quanto sia difficile vendere, anche ai fanatici del cinema d’autore, un film in creolo sulla “morte accidentale di una capra”. Il problema si ripresenta con “Un grande amore” di Leo McCarey, regista di fantastiche commedie che dagli anni 30 non hanno preso una ruga, ambientate nell’unica isola a noi gradita, Manhattan. Gli sciagurati (copywriter e traduttore, era stato annunciato un responsabile per la programmazione italiana, non se ne vedono i benefici influssi) scrivono: “Uno dei film romantici, più strappalacrime e trascendenti dell’età d’oro di Hollywood”. A parte lo “strappalacrime”, nel film corretto a colpi di battute da commedia sofisticata, cosa mai vorrà dire “trascendenti”?

Ogni mattina apriamo le mail, per scoprire la gag del giorno. Nella serie “Luminari” – sono i registi affermati – troviamo “Cow” di Andrea Arnold: viaggio attorno a una mucca, con “empatia trasformativa”. Nei vecchi film di Claude Chabrol, le pulsioni “ribollono sotto il paesaggio” (eppure non ricordiamo paesaggi, solo borghesia). Qualche film da vedere c’è, per esempio “Lady Macbeth” di William Oldroyd con Florence Pugh (poi sarà Amy in “Piccole donne” di Greta Gerwig). Basta non leggere il consiglio per gli acquisti, che parla di “interpretazione ipnotica ed eloquente”. Poi viene il dubbio: non sarà che i giovani critici parlano così?

Di più su questi argomenti: