“Prima in sala e poi in streaming”. Come andrà a finire la crociata anti Netflix di Bonisoli

Il ministro dei Beni culturali sta preparando un decreto per stabilire che i film italiani escano prima al cinema e poi sulle altre piattaforme

Mariarosa Mancuso

Il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, è intervenuto nella polemica tra esercenti e giganti dello streamingNetflix in primis – sulla distribuzione dei film. Bonisoli lancia la nuova crociata del governo e si schiera con le sale: è in arrivo un decreto per stabilire che i film dovranno uscire prima al cinema e poi sulle altre piattaforme. “Mi accingo oggi a firmare il decreto che regola le finestre in base a cui i film dovranno essere prima distribuiti nelle sale e dopo di questo su tutte le piattaforme che si vuole. Penso sia importante assicurare che chi gestisce una sala sia tranquillo nel poter programmare film senza che questi siano disponibili in contemporanea su altre piattaforme”. Secondo il ministro, che ha dato l'annuncio con il videomessaggio inviato alla presentazione della ricerca Agis/Iulm “Spazi culturali ed eventi di spettacolo”, il decreto consentirà “ai gestori dei cinema di sfruttare appieno l'investimento per migliorare le sale e offrire un'esperienza di visione sempre più emozionante”. Il decreto cui si riferisce Bonisoli è quello attuativo della legge 220 del 2016 e che riguarda solo i film italiani. Finora le finestre erano regolate da una prassi, ampiamente rispettata: 105 giorni era il lasso di tempo riservato alla programmazione in sala, a partire dalla prima proiezione.


  
Sulla mia pelle”, il film su Stefano Cucchi, ha incassato più di molti altri film italiani, anche di grandi nomi. Eppure era uscito lo stesso giorno al cinema e su Netflix. Il ministro Bonisoli dovrebbe tenerlo presente prima di firmare il suo decreto. Va detto anche che in Italia le finestre già esistono, stabilite quando lo streaming non esisteva e neppure esistevano, forse, i bigodini. Bisogna vedere quanto ampie saranno queste finestre. Netflix, per un film come “Roma” di Alfonso Cuarón, pensava a una settima di esclusiva per le sale. Non è certo questo che hanno in mente i proibizionisti.

    

Andrà a finire che Netflix terrà i suoi film – suoi perché li ha prodotti con i suoi soldi, senza contributi pubblici – soltanto per lo streaming. Facendo felici, tra gli altri, tutti gli amanti del cinema che abitano in città dove un cinema non c'è. E se c'è certo non proietta “Roma”: magnifico, ma in bianco e nero e lungo quasi tre ore.