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Il cinema secondo Netflix e il conflitto che non c'è con Cannes

Gianmaria Tammaro

La regola, spesso, è che un film d’autore – come può essere Okja – potrebbe non vedere mai una sala cinematografica. Ed è qui che intervengono i servizi di streaming video

Partiamo da una domanda: quanti dei film selezionati in concorso, o fuori concorso, in un festival del cinema arriveranno nelle sale? Anzi, meglio ancora: in quanti potranno essere visti dal grande pubblico? Risposta: pochi, molto pochi.

 

È assolutamente vero che ci sono dei premi, come gli Oscar, la Palma d’oro e il Leone di Venezia, che riescono a tenere un film nelle sale più a lungo e che bastano – diciamo pure così – per convincere i distributori a comprare i titoli più assurdi. Ma si tratta di eccezioni, non della regola. La regola, spesso, è che un film d’autore – come può essere Okja, passato proprio in questi giorni alla Croisette – potrebbe non vedere mai una sala cinematografica. Ed è qui che interviene Netflix (o le piattaforme come Netflix, per rimanere in un ambito più generale): il piccolo film, prodotto con pochi milioni di dollari, scritto da un autore magari conosciuto ma veramente apprezzato da pochi, che difficilmente la spunterà contro i blockbuster americani (cinecomics, action, saghe infinite sempre uguali, inseguimenti in auto, commediole romantiche), trova il suo spazio, la sua finestrella sul mondo.

 

Per fare un esempio: Slow West, indie movie uscito in America qualche anno fa, è arrivato qui in Italia grazie a Netflix. Altro esempio: High or Hell Water, candidato anche agli ultimi Oscar, non ha trovato nessun distributore italiano; e se abbiamo avuto la possibilità di vederlo è stato – indovinate un po’ – grazie a Netflix. E ancora: I don't feel at home in this world, che all'ultimo Sundance Film Festival ha vinto il Gran Premio della Giuria, è disponibile su Netflix (e non solo in Italia, badate bene).

 

Diventa piuttosto evidente, a questo punto, un aspetto che in pochi prendono in considerazione: Netflix (e tutte le piattaforme di video streaming) non hanno ristretto le possibilità dello spettatore, ma le hanno allargate. La posizione di Cannes è chiara e, a modo suo, anche condivisibile: è giusto sfruttare al massimo ogni momento, portando soldi nelle casse degli esercenti – e quindi dello Stato, e quindi dei fondi per il Cinema. E Netflix ha anche provato a venire incontro a questa esigenza: ha contattato distributori francesi e ha chiesto una deroga sulla legge che impone di aspettare 36 mesi, tre anni cioè, prima di uscire in home video o in streaming. Ma niente da fare. Dura lex, sed lex.

  

Nel nazionalismo francese chi viene ancora una volta dimenticato è lo spettatore. Che, va detto, si trova davanti a un altro bivio quando si tratta di vedere un film: quello rappresentato dal costo del biglietto. In Italia, un biglietto costa circa 8 euro, con picchi di 10 nel caso di una proiezione in 3D. In Francia, addirittura, siamo tra i 9 e i 12 euro. Un abbonamento mensile a Netflix, invece, costa circa 8 dollari (7,99, per essere precisi). E non dà accesso a un solo film, ma a centinaia. E anche a serie tv e a documentari, altra categoria che, nei cinema, arriva con il contagocce.

 

Quindi eccola la vera contraddizione, ecco il nocciolo – se un nocciolo c’è, certo – in questo scontro tra colossi: alcuni film restano pensati, scritti e girati per la sala; hanno bisogno di un certo tipo di supporto e di un certo tipo di ambiente per emozionare – passateci la licenza poetica – lo spettatore. Ed è giusto. È altrettanto vero, però, che tra la possibilità di avere un’esperienza coinvolgente e quella di vedere un film nel proprio salotto, su uno schermo più piccolo, senza il giusto buio, il giusto impianto, senza la giusta compagnia, ma comunque di vederlo, si dovrebbe preferire la seconda. Anche perché, e lo ha sottolineato Gabriele Niola su Badtaste.it, oggi il cinema punta alla pancia dello spettatore: punta ad esperienze spettacolari. Perché fare film è diventato un business per pochi, costosissimo, ed è meglio scommettere su un cavallo vincente come può essere un cinecomic piuttosto che sul film indie di un anonimo regista.

 

Netflix, invece, questo problema non se lo pone e anzi: sfrutta il vuoto che c’è nel mercato, e si fa avanti. “Chi conta per noi? I nostri abbonati, quindi il nostro pubblico”. Provate a criticarli per questo.

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