Il cast di "The Party"

Delusioni alla Berlinale, giganti dello streaming agguerriti e una sorpresa cinese

Mariarosa Mancuso

Da Berlino nessun film da perderci la testa, con pochissime e circostanziate eccezioni. Cosa si capisce dal primo mercato cinematografico della stagione, e perché i cinesi sono l'ultima speranza dei cineasti

La Berlinale 2017 non ha offerto – spiace dirlo, per un festival che fino a qualche anno fa era vivace e grintoso – nessun titolo da perderci la testa. Va escluso “The Party” di Sally Potter, uno spasso feroce in stile “Carnage” che la regista impegnata cerca di giustificare con il messaggio. Ai giornalisti italiani sussurra “crisi della sinistra”, ai britannici dice “Brexit” (già bastava, poi abbiamo aperto un giornale americano e l’abbiamo sentita dichiarare che il film parla di post-verità). Altra eccezione, “Wilde Maus” di Josef Hader, comico austriaco che mette in scena l’ingloriosa fine dei critici. Musicali, nel caso, ma a vedere uno che viene licenziato, fa amicizia con un giostraio del Prater mentre la fidanzata lo rincorre perché il termometro segna “ovulazione”, finisce in mutande nella neve a bere vodka, o viene un brivido di terrore o si ride. Terzo e ultimo, “The Other Side of the Hope” di Aki Kaurismaki: se dobbiamo vedere migranti, meglio che di mezzo si metta un finlandese pazzo che marcia a vino bianco con il ghiaccio dentro.

 

Più interessanti un paio di notizie che arrivano dall’European Film Market, abbreviato Efm. Il primo mercato della stagione: si compra, si vende, si firmano i contratti di distribuzione per i mercati esteri, si mettono le basi per accordi che poi verranno perfezionati tra qualche mese al Marché di Cannes. Prima notizia, la presenza agguerrita di Amazon e Netflix. Lo streaming richiede prodotto, Amazon ha già dato un contributo cospicuo alla produzione del pluri-candidato all’Oscar “Manchester by the Sea” di Kenneth Lonergan (dovesse vincere l’Oscar per il miglior film, salirebbe sul palco tra gli applausi). Netflix distribuisce in Italia “Hell or High Water” di David Mackenzie, altro candidato come miglior film (sennò lo avremmo visto solo di frodo; non è bello, con le mediocrità che girano nelle sale: e adesso sparate pure, abbiamo il giubbotto antiproiettile). Agguerrita vuol dire che hanno soldi e che li vogliono spendere, facendo buone offerte o rilanciando alle aste.

 

La seconda notizia è ancora più curiosa. “Può la Cina salvare l’agonizzante mercato europeo dei film d’arte e cultura?” si chiede The Hollywood Reporter. Insomma: quel mercato che in Europa si restringe, dando la colpa al pubblico che volta le spalle ai film d’autore. I cinesi sono tanti, basterebbe una minima percentuale di spettatori interessati ai “paint-drying film” (copyright “Variety”: “film dove si vede la pittura asciugare”) per offrire ai titoli che in occidente stanno esaurendo il pubblico un bel rimpiazzo. Finora sono a disposizione cento schermi, oltre ai giganti dello streaming. Resta un problema (a parte Donald Trump e un trattato Trans-pacifico da rinegoziare): la censura. Ma siamo certi che qualche taglio anche i registi duri e puri potranno concederlo, in ricordo del presidente Mao.

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