Prima alla gogna e poi archiviato, ma su mons. Michel Aupetit ha vinto il chiacchiericcio

Matteo Matzuzzi

Il presule è stato accusato di "violenza sessuale su una persona vulnerabile" e rimosso da vescovo di Parigi. Ora la sentenza: “Non ha commesso reati”

Alla fine del 2022, la procura di Parigi aveva aperto un’indagine sull’ex arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit con l’ipotesi di “violenza sessuale su una persona vulnerabile”. Tutto era partito da una segnalazione della stessa diocesi parigina, terrorizzata che i media potessero partire nuovamente all’assalto (il rapporto Sauvé ha lasciato ancora numerose scorie) e l’inchiesta verteva su alcuni scambi scritti tra Aupetit e una parrocchiana. Il vescovo ha sempre negato di aver commesso “gesti fuori luogo” che avrebbero potuto far pensare a qualcosa di illecito o di sconveniente. Risultato: il 23 agosto, la procura ha archiviato tutto perché “non c’è alcun reato”.

 

L’avvocato di mons. Aupetit ha detto che ora il suo assistito potrà tornare “all’attività pastorale”, sperando che la campagna mediatica inscenata contro di lui da qualche anno possa essere archiviata. Due anni fa, il Point pubblicò un’inchiesta in cui si sosteneva che Aupetit nel 2012 si sarebbe scambiato mail dal contenuto compromettente con una donna cui sarebbe stato legato sentimentalmente. L’interessato ha sempre negato ogni coinvolgimento sessuale, riconoscendo però che il tono dei messaggi – per come erano stati scritti – poteva essere equivocato. Prove? Zero. Ma la stampa intellò francese, quella che alle chiese preferisce i salotti, ha scatenato di tutto contro il presule, contornando il quadro con dettagli sul suo “autoritarismo” e sul fatto che parte del clero era scontento della sua gestione.

 

Aupetit, a quel punto, ha preferito farsi da parte “per non danneggiare ulteriormente la diocesi”. Ha preso carta e penna e ha rimesso il mandato nelle mani del Papa che però, anziché difendere il vescovo, l’ha mandato a casa. Con spiegazioni date a braccio ai giornalisti che lo intervistavano ad alta quota, tornando dal viaggio a Cipro e in Grecia: “Quando il chiacchiericcio cresce e toglie la buona fama di una persona, quell’uomo non potrà governare, perché ha perso la fama, non per il suo peccato, ma per il chiacchiericcio delle persone responsabili di raccontare le cose. Un uomo al quale hanno tolto la fama così, pubblicamente, non può governare. E questa è un’ingiustizia. Per questo, io ho accettato le dimissioni di Aupetit non sull’altare della verità, ma sull’altare dell’ipocrisia”.

 

Due anni dopo, l’accusa più grave e infamante (violenza sessuale su una persona vulnerabile) è caduta. In compenso, un vescovo assai sgradito a certi settori della cultura parigina (quando fu nominato, nel 2017, Libération gridò alla vergogna imputandogli d’essere “un reazionario”) è stato pensionato anzitempo “sull’altare dell’ipocrisia” “per il chiacchiericcio”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.