(foto LaPresse)

Il martirio della Chiesa in Nigeria tra attacchi islamisti e faide etniche

Chiese e moschee attaccate, stragi, rapimenti. Un grande paese fuori controllo dove la Chiesa cattolica è una delle poche istituzioni ritenute autorevoli

Matteo Matzuzzi

I vescovi invitano alla calma e a non gettare benzina sul fuoco. L'appello delle associazioni musulmane e l'inefficacia delle forze di sicurezza nel fermare gli squadroni della morte

Vescovi e cardinali nigeriani invitano alla calma, chiedono di non lanciarsi in appelli alla guerra santa né di tirare in ballo il jihad per la strage di Pentecoste, con le sue decine di assassinati nella chiesa di San Francesco Saverio a Owo, stato e diocesi di Ondo. Il massacro è solo l’ultimo di una lunga serie, con i cristiani bersaglio facile e pregiato, perché la Chiesa cattolica è appunto universale e perché è riconosciuta come una delle poche strutture della Nigeria che funziona. Non a caso, le alte gerarchie locali se la prendono con l’inerzia dell’esercito e del presidente in scadenza di mandato, Mohammed Buhari, che tanto parla e assicura pene certe per i responsabili e poco fa nella pratica. La situazione è delicata perché i 200 milioni di nigeriani si dividono quasi a metà fra cristiani e musulmani, il 43 per cento i primi e il 57 i secondi. I cattolici sono minoranza, ma attiva e dinamica.

  

Sarebbe superficiale, in questo caso, far finire il tutto nella casistica delle guerre di religione. Superficiale e sbagliato, perché la situazione nigeriana è assai più complessa. Non a caso, l’associazione islamica Muslim Rights Concern, condannando l’attentato, ha scritto in una Nota che “l’attacco alla chiesa di San Francesco è una prova indubbia dell’esistenza di Boko Haram nel sud-ovest dopo la loro penetrazione negli stati del Niger e di Kogi”, perché “è il modus operandi di Boko Haram. Avvertiamo che le moschee e altre chiese potrebbero essere i prossimi obiettivi perché è così che sono iniziati gli attacchi al nord. Chiediamo quindi protezione per tutte le chiese e le moschee della regione”.

 

  

Nell’ultimo anno sono stati diversi anche gli attacchi in moschee situate nel nord del paese. Lo scorso dicembre, ad esempio, nel villaggio di Baare nella zona di Mashegu, un gruppo di uomini giunti lì a bordo di motociclette, entrò nella locale moschea aprendo il fuoco e uccidendo sedici persone. Responsabili i pastori fulani, musulmani, che da anni imperversano nelle regioni settentrionali cercando terre per i pascoli. Se non le trovano con le buone, se le prendono con le cattive e con le armi di ultima generazione che da anni sono in loro possesso. Ammazzano e rapiscono, più dei ben più noti islamisti di Boko Haram. Con la differenza che a loro il governo non dà la caccia come auspicato dalle autorità cattoliche nigeriane. La connotazione religiosa c’è – sparare in una chiesa durante la messa non è di certo casuale – ma la Nigeria è attraversata da decenni da guerricciole intestine tra etnie diverse. Lo sa bene anche la Chiesa, che dieci anni fa rimase coinvolta nella triste vicenda di mons.

 

Peter  Okpaleke, nominato da Benedetto XVI vescovo della diocesi di Ahiara. Appena la scelta del Papa fu resa nota, sacerdoti e fedeli alzarono le barricate, impedendo al vescovo eletto di entrare in città. Il motivo? Apparteneva a un’etnia diversa (Igbo)  da quella maggioritaria (Mbaise)  e – a loro giudizio – il vescovo doveva avere sangue di quest’ultima. Iniziò una controversia protrattasi per anni, fino alla rinuncia dello stesso Okpaleke e alla decisione di Papa Francesco di sospendere a divinis i sacerdoti ribelli. Da quattro anni, la diocesi di Ahiara è vacante. Pochi giorni fa, Bergoglio ha annunciato la creazione cardinalizia di mons. Okpaleke, nel frattempo divenuto vescovo altrove. Il fattore religioso si mischia, in quell’enorme paese, a quello etnico, rendendo la situazione assai complessa e non facilmente riducibile a “semplice” conflitto tra cristiani e musulmani.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.