Un fotogramma del video dello Stato islamico con gli ostaggi copti catturati in Libia e decapitati  

L'Occidente e ventuno cristiani

“L'Europa s'ispiri ai martiri che la imbarazzano”

Giulio Meotti

Intervista a Martin Mosebach, l’ultimo saggista cattolico autore di un libro sui 21 giovani cristiani copti decapitati dall’Isis il 15 febbraio del 2015

Martin Mosebach il narratore, il romanziere, il saggista, il cattolico della messa in Latino, il conservatore protettore dello stile e custode della forma, il vincitore del Premio Büchner, il corsivista che disdegna le polemiche. La scorsa settimana, nel più antico quotidiano di lingua tedesca, la Neue Zürcher Zeitung, Mosebach ha scritto che gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica risalgono al Concilio Vaticano II, “quando le strutture di obbedienza sono crollate”. Sessant’anni sono un lasso di tempo molto breve per la storia della chiesa: “Durante questo periodo la chiesa, che fino a quel momento era sopravvissuta alle più gravi scosse, in molti luoghi  è crollata”. L’indebolimento di ogni autorità e la rivoluzione sessuale hanno incontrato un sacerdozio che era stato privato di tutti gli elementi per mantenere la propria disciplina. “Letteralmente, da un giorno all’altro, l’ordine che aveva caratterizzato la vita quotidiana di un sacerdote veniva ribaltato. La tonaca e il colletto del prete scomparvero: il prete divenne invisibile in pubblico. È abolito l’obbligo di celebrare la Santa Messa tutti i giorni: solo chi conosce la tradizione cattolica può apprezzare il sostegno disciplinare che questo esercizio quotidiano, unito all’obbligo di confessarsi frequentemente, è in grado di garantire. La pretesa di verità della religione cristiana era ora sospettata di essere totalitaria, violenta e intollerante”. La liturgia della messa venne distrutta. “Ancora oggi si sente nei seminari che presto cadrà il celibato”. 


Mosebach ha  dedicato uno straordinario epitaffio letterario ai morti di un massacro islamista, in cui  esplora un mondo cristiano assediato di cui sappiamo troppo poco. Iin Italia, presso le Edizioni Cantagalli (nella collana diretta da Leonardo Allodi dedicata a Robert Spaemann), esce “I 21”. Un viaggio nella terra dei martiri copti. E un grande affresco del cristianesimo orientale. Mosebach si rivolge all’Europa moderna facendo proprio un terribile avvertimento: “Le civiltà muoiono per l’indifferenza verso i valori peculiari che le fondano”. Se davvero “il tempo è temibile non tanto perché  uccide, quanto perché  smaschera”, la storia del cristianesimo copto, con la sua rinascita  a 1400 anni dall’invasione islamica, appare fondata su una incrollabile certezza, mai venuta meno. Questo ci racconta Mosebach. “Un cristianesimo che non ha da temere nulla dal tempo che scorre e che smaschera” scrive Allodi. “Semmai questo potrebbe valere un giorno per l’occidente moderno e le sue istituzioni culturali, in cui si è annidata una ‘cultura del rigetto’”. 


Mosebach ha visto per la prima volta il video integrale con la decapitazione sui laptop dei parenti dei cristiani assassinati in una spiaggia libica. A El-Or nell’Alto Egitto. Nella comunità di fratelli, cugini, padri, il video è visto con compostezza. E  orgoglio. Nella fila di coloro che sono stati decapitati, poi hanno indicato i rispettivi parenti, i loro fratelli: “Questo è il nostro Samuele, questo è il nostro Abanoub”. I 21 scagnozzi, vestiti di nero, appaiono come una serie di demoni senza volto, un’“orda infernale”, mentre i copti - in tuta arancione destinata a ricordare Guantanamo - avanzano con impressionante compostezza e alla fine, mentre i coltelli fin troppo piccoli si fanno strada attraverso le loro gole, pronunciano dolcemente il nome di Colui per il quale stanno morendo: “Jarap Jesoa”, Signore Gesù. Mosebach scrive che il video è molto popolare tra i copti e che le famiglie delle vittime continuano a vederlo sui loro tablet, documento sublime del martirio: “Lungi dall’intimidarci, ci dà coraggio”. 
Il viaggio di Mosebach, mediato da diverse autorità ed eminenze ecclesiastiche, conduce in un remoto villaggio da cui proveniva la maggior parte dei ventuno decapitati. È un mondo in cui ci sono i telefoni cellulari, le case a più piani del villaggio non sono finite e al piano terra sono tenuti maiali, asini e vitelli. Lo scrittore visita tutti i luoghi importanti per quei giovani. Le loro chiese, i loro luoghi di pellegrinaggio, si aggira per i loro villaggi e si ferma nelle loro case. Mosebach vede l’oscurità incombere all’orizzonte occidentale come sua nemesi. 


“A partire dalla fine dell’era costantiniana, alla quale i copti parteciparono solo nei primi tre secoli, la chiesa occidentale deve chiedersi se, per la trasmissione della fede in un mondo sempre più secolarizzato, sia ben preparata quanto quella copta, una Chiesa che nella resistenza a una maggioranza ostile si è a lungo esercitata fino al martirio” scrive Mosebach. “Dall’avversità della storia i copti sono stati rigettati su se stessi per più di un millennio; ‘sviluppo’, la parola magica della civiltà occidentale, fu a essi negato. Nondimeno, non sono né scomparsi né  impietriti – hanno tenuto viva l’eredità apostolica del primo cristianesimo e, a partire dalla conquista prima persiano-pagana e poi islamica, non hanno più ceduto alla tentazione di ricorrere alla violenza in nome di Dio”. 


Quello dei 21 giovani cristiani copti decapitati dall’Isis il 15 febbraio del 2015 è stato definito come “il più grande caso di martirio cristiano del nostro tempo” (Anba Macarius). All’incontro con il Vescovo della Diocesi di Samalout, Mosebach si sente rivolgere una domanda spiazzante e insieme rivelatrice: “Perché volete incontrare queste persone? Non aspettatevi troppo. Sono tutte uguali. Voi potete far visita a qualsiasi famiglia copta e troverete ovunque lo stesso atteggiamento verso la Chiesa, la stessa fortezza e la medesima disposizione verso il martirio. Qui non vi è una Chiesa occidentale in una società occidentale. Noi siamo la Chiesa dei martiri. Non vedo alcun problema ad affermare che nessun copto nell’Egitto settentrionale tradirebbe la fede”.


Parlando con il Foglio, Mosebach spiega cosa l’ha spinto a scrivere questo libro. “Il video completo della spettacolare uccisione ritualizzata di questi ventuno lavoratori cristiani sulla spiaggia in Libia mi ha colpito profondamente. Non era solo un crimine contro persone innocenti, ma una grande testimonianza di fede da parte di uomini comuni che erano disposti a morire per la loro fede in Gesù Cristo”. Nel video tutti hanno potuto notare che nel momento della decapitazione alcuni di loro invocavano in arabo il nome di Gesù e sussurravano preghiere. Quello di cui più distintamente si sono percepite le parole è stato Milad Saber, figlio di contadini di un villaggio del Medio Egitto. Lui era celibe, mentre la maggior parte dei suoi compagni erano sposati, con uno o più figli piccoli. 


L’occidente può trarre una lezione da tutta questa persecuzione anticristiana, ma l’Europa appare fredda e lontana dai loro fratelli cristiani. “Dobbiamo ricordare che furono i martiri i veri evangelisti e apostoli nei primi secoli cristiani” ci dice Mosebach. “Il cristianesimo è la religione della croce, Cristo non intendeva questo simbolicamente. Nel mondo occidentale il cristianesimo si sta secolarizzando; un sanguinoso martirio è per noi motivo di imbarazzo. I martiri devono davvero essere così testardi nelle loro convinzioni? Sediamoci tutti a tavola e troviamo un tollerabile compromesso...”.


Un mese fa, parlando con la Welt, Mosebach ha affermato che “la perdita di una religione destabilizza un paese”. “Sono convinto che non sia solo falso, ma anche estremamente pericoloso politicamente per le persone credere di poter decretare il bene e il male indipendentemente dalla rivelazione” ci dice. “Abbiamo visto nei sistemi totalitari atei del recente passato tali appare quando la moralità vuole farsi indipendente dalla religione”. 


La Germania è il paese in prima linea nella massiccia secolarizzazione dell’Europa. In uno studio commissionato dalla Conferenza dei vescovi, i ricercatori della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo hanno detto che il totale delle confessioni cristiane – sommando quelle cattoliche e protestanti – passeranno dagli attuali 45 milioni a 34 milioni nel 2035 e si dimezzeranno a 22 milioni entro 40 anni. Il numero di protestanti nella prossima generazione cadrà dagli attuali 21,5 milioni a 10,5 milioni, mentre quello dei cattolici da 23 milioni a 12,3 milioni. Nel 1963 le ordinazioni in Germania erano state 400, nel 1993 scesero a 238, nel 2013 a 98, nel 2015 a 58… Lo rivela un’inchiesta del quotidiano della cattolicissima Baviera, la Süddeutsche Zeitung. “La chiesa cattolica in Germania sta affrontando una drammatica carenza di sacerdoti. Mai prima di oggi così pochi uomini in Germania sono diventati preti cattolici”. Anche la diocesi di Magonza, quella del cardinale Gerhard Müller, in un anno non ha ordinato nessun sacerdote. L’arcidiocesi di Colonia è la più grande della Germania e una delle più ricche del mondo, ma prevede di ridurre le sue parrocchie da cinquecento a cinquanta entro il 2030. In un drammatico articolo sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, il saggista Markus Günther ha spiegato che la cristianità in Germania “sembra stabile, ma in realtà è sull’orlo del collasso. Pastori e vescovi, ma anche molti laici attivamente impegnati, vedono paesaggi in fiore dove in realtà non c’è nulla, se non il deserto”.


“Come tedesco, ovviamente, sono infelice quando vedo che i monasteri vengono chiusi in tutte le vecchie regioni cristiane e che i cattolici battezzati lasciano la chiesa a frotte” ci dice Mosebach. “D’altra parte, certo, so che non avrei raccomandato a nessuno di entrare in uno di questi monasteri, anche se spesso includevano una chiesa meravigliosa. È un bene che questi monasteri fossero chiusi, fossero diventati vuoti e da tempo avessero rotto con la tradizione monastica cattolica. Perché i cattolici che oggi lasciano la chiesa non sanno più cosa sia la chiesa, per colpa dei vescovi, che nei decenni postconciliari hanno fatto degenerare la teologia nelle facoltà e l’educazione religiosa - la fede cattolica è per colpa della chiesa in gran parte sconosciuta in Germania - tra i cattolici intendiamoci! Sospetto che il futuro cristianesimo tedesco sarà composto da piccoli gruppi che hanno riscoperto la tradizione cattolica”.


Intanto il muezzin è stato autorizzato a Colonia, la città dei tre Re Magi, a chiamare alla preghiera dalle cinquanta moschee. “L’importanza dell’islam in Germania aumenterà e quella del cristianesimo diminuirà”. Così a dicembre parlava alla Neue Zürcher Zeitung il famoso sociologo Detlef Pollack, il più grande esperto di trend religiosi del paese. “Nel 2022, per la prima volta, meno della metà dei tedeschi apparterrà a una delle grandi chiese. C’è una liquefazione. Le comunità musulmane in Germania sono senza dubbio vitali rispetto alla maggior parte delle comunità cristiane. Al contrario, l’islam è una religione altamente dinamica che mira alla visibilità”. Entro trent’anni, in Germania secondo il Pew Forum ci saranno 17 milioni di musulmani a fronte di 22 milioni di cristiani fra cattolici e protestanti, molti dei quali soltanto nominali (già oggi un terzo di tutti i cattolici stanno pensando di abbandonare la chiesa). 


La forza dell’islam è solo lo specchio della nostra decadenza? “Il pubblico illuminato tedesco guarda sbalordito al fenomeno di una religione che pensavano morta e che improvvisamente è tornata - con severe richieste ai credenti che sono lontani dal protestare contro di essa, mentre i cattolici tedeschi ne vanno matti, gli ultimi cattolici rimasti abbandonano le proprietà” ci dice Mosebach. “Ma i protagonisti della chiesa tedesca seguono un istinto di morte, che purtroppo non ha nulla a che vedere con la volontà dei martiri di testimoniare”.


Poi c’è la cancel culture, che fa strame non soltanto di monumenti, quadri, musiche, parole e libri, ma anche all’interno della chiesa, con la mutilazione continua della messa antica. “La cancel culture è il segno che la perdita della religione sta producendo religioni sostitutive, con comandamenti e divieti severi, con minacce e divieti e scomuniche per i disobbedienti. Ma l’attuale cultura dell’annullamento potrebbe non durare a lungo, anche se poi seguirà qualcos’altro di brutto. L’Europa scristianizzata vivrà ancora delle spiacevoli sorprese. Per consolazione ci sono le chiese martiri dell’ortodossia e dell’oriente e in Africa”. 
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.