(foto Ansa)

Gli ucraini dicono no al Papa: "Niente Via Crucis insieme ai russi"

L'arcivescovo di Kyiv, Shevchuk: "Meditazioni incomprensibili e offensive"

Matteo Matzuzzi

L'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede affida a Twitter il proprio disappunto: "Condividiamo la preoccupazione sull'idea di mettere insieme le donne ucraine e russe nel portare la croce durante la Via Crucis"

Lunedì la Sala stampa vaticana aveva comunicato che venerdì prossimo, in occasione della Via crucis al Colosseo alla presenza del Papa, una famiglia ucraina e una russa avrebbero portato la croce nella XIII stazione. Un gesto simbolico ma dall’alto significato spirituale che era stato salutato come un’occasione per affratellare popoli divisi dal conflitto in corso. Ieri pomeriggio, invece, a frenare tutto ci ha pensato l’ambasciata ucraina presso la Santa Sede, con un tweet dell’ambasciatore  Andrii Yurash: “L’ambasciata ucraina presso la Santa Sede comprende e condivide la preoccupazione generale in Ucraina e in molte altre comunità sull’idea di mettere insieme le donne ucraine e russe nel portare la croce durante la Via Crucis di venerdì al Colosseo. Ora stiamo lavorando sulla questione cercando di spiegare le difficoltà della sua realizzazione e le possibili conseguenze”. 

  

Una posizione inattesa che desta anche qualche imbarazzo oltretevere. Anche perché il testo della meditazione preparato per la XIII stazione era quanto di più adatto al momento che si sta vivendo: “La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore. ‘Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?’. Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.

  

Duro il commento dell’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyc, Sviatoslav Shevchuk: “Considero questa idea inopportuna e ambigua che non tiene conto del contesto di aggressione militare russa contro l'Ucraina. Per i greco-cattolici dell'Ucraina, i testi e i gesti della XIII stazione di questa Via Crucis sono incomprensibili e persino offensivi, soprattutto in attesa del secondo, ancora più sanguinoso attacco delle truppe russe contro le nostre città e villaggi. So anche che i nostri fratelli cattolici del rito latino condividono con noi questi pensieri e preoccupazioni".

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.