Il Papa: "L'arcivescovo Aupetit è stato condannato dall'opinione pubblica"

Francesco a bordo dell'aereo chiarisce i motivi che hanno portato alle dimissioni del titolare della diocesi parigina: "Cosa ha fatto di così grave? È un peccatore, come tutti"

Matteo Matzuzzi

Il Pontefice si è soffermato sulla "democrazia che arretra" e sulla situazione dei migranti in Europa. Chiosa sulla direttiva della Commissione europea relativa al Natale: "È un anacronismo"

Interpellato dai giornalisti a bordo dell’aereo che da Atene lo stava riportando a Roma dopo il viaggio a Cipro e in Grecia, il Papa ha spiegato perché ha accettato in tempi rapidi (una settimana) le dimissioni dell’arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit: “Io mi domando cosa ha fatto lui di così grave da dover dare le dimissioni. Qualcuno mi risponda, cosa ha fatto? Chi lo ha condannato? L’opinione pubblica, il chiacchiericcio. È stata una mancanza di lui contro il sesto comandamento, ma non totale, di piccole carezze e massaggi che faceva alla segretaria, questa l’accusa. Questo è peccato ma non dei più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi. Quelli più gravi sono quelli che hanno più angelicalità: superbia, odio. Aupetit è peccatore, come lo sono io, come è stato Pietro, il vescovo sul quale Gesù ha fondato la Chiesa”.

   

Quindi il Papa si è chiesto: “Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore, e quello non era un peccato con tanta angelicalità, come era rinnegare Cristo? Perché quella era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre. Si vede che la nostra Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore. Ma quando il chiacchiericcio cresce, ti toglie la fama e non si può più governare. Per questo ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia”. Insomma, Francesco conferma che la ragione del traumatico addio dell’arcivescovo di Parigi è legato all’inchiesta del Point che rivelava l’esistenza di una mail risalente al 2012 da cui sembrava confermata la liaison di Aupetit con una donna. L’arcivescovo ha smentito ma – come ha confermato il Pontefice – la macchia è comunque indelebile: non poteva più restare al suo posto. Un po’ come accaduto a Lione con Philippe Barbarin, il cardinale sfinito da anni di  processi in tribunale con l’accusa di aver taciuto davanti agli abusi commessi da un prete della sua diocesi: assolto, ha preferito comunque ritirarsi, ché la sua Chiesa era divisa a metà tra colpevolisti e innocentisti, tra sostenitori del cardinale e suoi oppositori. 

 

Francesco è tornato anche  sul tema delle migrazioni, ribadendo che “ora è di moda fare muri o fili spinati”. “Ogni governo – ha detto il Papa – deve dire chiaramente ‘io ne posso ricevere tanti’, perché i governanti sanno quanti sono quanti migranti sono capaci di ricevere. Questo è un loro diritto. Ma i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se un governo non può accogliere oltre un certo numero, deve entrare in dialogo con altri paesi, che si prendano cura gli altri. Per questo è importante l’Unione europea. Perché può fare l’armonia tra tutti i governi per la distribuzione dei migranti”. Uno dei discorsi più significativi del viaggio è stato pronunciato domenica ad Atene, con un passaggio significativo riguardante la “democrazia che arretra”. A tal proposito, Bergoglio ha osservato che ci sono “due pericoli contro la democrazia: uno è quello dei populismi che cominciano a far vedere le unghie”. L’altro pericolo si concretizza “quando si sacrificano i valori nazionali, si annacquano verso un impero, una specie di governo sovranazionale”.  

 

Chiosa sulle direttive (poi ritirate) della Commissione europea sul Natale: “È un anacronismo. L’Unione europea deve prendere in mano gli ideali dei Padri fondatori, che erano ideali di unità, di grandezza e stare attenta a non fare colonizzazioni ideologiche. Deve rispettare ogni paese come è strutturato dentro. La varietà dei paesi, e non volere uniformare. Io credo che non lo farà, non era sua intenzione, ma stare attenta, perché delle volte vengono, e buttano lì progetti come questo e non sanno cosa fare”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.