(foto LaPresse)

Dietro ai sorrisi tra Biden e il Papa ci sono questioni irrisolte (migranti e Cina)

Matteo Matzuzzi

Rispetto a Trump i rapporti tra il Pontefice e il nuovo presidente degli Stati Uniti sono migliori, ma le spine tra la Chiesa di Roma e gli Stati Uniti ci sono ancora tutte

Joe Biden ha fatto sapere al mondo che il Papa gli ha detto che è “un buon cattolico” e che può continuare a fare la comunione. Soddisfatta la curiosità di chi pensava che Francesco potesse, ricevendo il presidente degli Stati Uniti in Vaticano, dirgli che non può accostarsi all’eucaristia (questione di mero interesse americano), la notizia vera è la durata dell’udienza: 75 minuti – c’è chi dice qualcosa in più, forse un’ora e mezza – ben più dei 50 concessi a Barack Obama e più del doppio del tempo riservato a Donald Trump. Il comunicato di rito diffuso al termine del vis-à-vis chiarisce i temi discussi: comune impegno nella protezione e nella cura del pianeta, situazione sanitaria e lotta contro la pandemia di Covid-19, rifugiati e assistenza” ai migranti. In più, assai rilevante, è la conferma che Biden e Francesco hanno parlato di “tutela dei diritti umani, incluso il diritto alla libertà religiosa e di coscienza”.   

Le foto diffuse confermano il buon clima e l’intesa tra i due, che si conoscono da anni, anche se – dietro ai convenevoli e alla normale cortesia – i problemi restano sul tavolo e il fatto che Biden sia cattolico (il secondo presidente cattolico nella storia americana dopo Kennedy) non è detto che sia d’aiuto nell’agevolare il dibattito. Sull’aborto c’è poco da dire, per il Papa “è come affittare un sicario per far fuori uno”, per cui è arduo immaginare che vi possa essere sintonia sul tema. La questione reale e che più sta a cuore a Bergoglio è il trattamento che migliaia di migranti continuano a subire al confine con gli Stati Uniti. Poco, su questo fronte, è cambiato rispetto all’epoca trumpiana e anche in Vaticano si ricordano quanto la vicepresidente Kamala Harris disse in Guatemala pochi mesi fa: “Non venite, e se verrete sarete rimandati indietro”. Cinque giorni fa, il vescovo di El Paso, mons. Mark J. Seitz, ha chiesto a Biden di ordinare “l’immediata cessazione dei protocolli di protezione dei migranti, noti anche come la politica “Remain in Mexico” (“Resta in Messico”, ndr)”. Una politica dalle conseguenze “disastrose”. “La imploro di agire immediatamente e di  mettere in atto alla frontiera politiche umane che sostengano il valore e la dignità di ogni essere umano”.

Un altro dossier su cui le posizioni divergono è la Cina. Se la Santa Sede punta ad avvicinare Pechino, nella speranza (sempre meno concreta) di un’intesa diplomatica, l’Amministrazione americana è risolutamente impegnata nel porre argini al potere di Xi Jinping, trovando in ciò anche l’appoggio dei repubblicani. Non a caso, da Washington è giunto l’altolà alle rivendicazioni cinesi su Taiwan e più volte è stata espressa preoccupazione per le rivolte a Hong Kong. Insomma, che al posto dell’“imbarazzante” Trump ci sia il moderato Biden  è positivo, ma parlare di intesa a tutto tondo rischia di dare un’immagine non veritiera. Le spine nel rapporto tra la Chiesa di Roma e gli Stati Uniti ci sono ancora tutte, e vanno ben al di là degli assalti alla presidenza dei vescovi rimasti legati alla stagione delle culture war.

Di più su questi argomenti:
  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.