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Corvi sul Conclave

Matteo Matzuzzi

Il cardinale Tagle lancia l’allarme: “C’è chi sta creando cordate sperando di diventare Papa”. Un libro

Roma. Il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e ultimo a ricevere la porpora dalle mani di Benedetto XVI regnante, nel novembre del 2012, avverte che le manovre in vista del prossimo Conclave – quando sarà – sono in corso. Firmando la prefazione a I nuovi cardinali di Francesco, ultimo libro del giornalista Fabio Marchese Ragona, edito da San Paolo, Tagle è chiaro: “Purtroppo anche tra vescovi e cardinali c’è qualcuno che perde la bussola, come se perdesse il campo del proprio telefonino, distaccandosi dalla realtà, alienandosi e combattendo battaglie in solitaria o creando cordate sperando in qualcosa che solo lo Spirito Santo invece può decidere. Persino il Papa è rimasto vittima di duri attacchi, ed è dovere di noi cardinali lottare per difendere, sempre, senza dubbi, il vicario di Cristo”. Allerta massima, insomma, che acquista ancora più sostanza se si considera che a lanciarla è uno che nel chiacchiericcio che tanto piace ai giornali – e pure a non pochi monsignori – risulta essere tra i papabilissimi in vista di un futuro Conclave, in un’ottica di continuità perfetta con Francesco. Cordate al lavoro, dunque, per determinare se la rotta resterà quella tracciata dal Papa callejero o se la barra del timone indicherà la retromarcia.

          

Ma nel libro – che contiene interviste a trentacinque porporati – c’è molto altro, non solo lo sguardo sulle periferie esistenziali di cui parla Tagle e che è un argomento ormai abusato in questi sei anni di pontificato. C’è anche la fermezza del cardinale prefetto per la Dottrina della fede, il gesuita Francisco Ladaria, che il Papa ha promosso dopo la rumorosa rimozione del cardinale Gerhard Ludwig Müller, avvenuta alla scadenza del suo mandato quinquennale nel luglio del 2017. Ciò che dice Ladaria – già stimato e assai temuto professore della Gregoriana – è un pugno sonoro ai novatori che tutto vorrebbero cambiare perché così chiedono i tempi correnti. Chiede l’autore: alcuni eminenti teologi e studiosi parlano di “processo di protestantizzazione in corso” della chiesa. Pensa che la nostra fede corra questo rischio? Risposta del prefetto: “E’ vero, come è ben noto che in certi ambienti si chiede l’accesso alle donne al ministero ordinato, o l’opzionalità del celibato per i sacerdoti, probabilmente per l’influsso delle opzioni già fatte in questo senso dalle comunità ecclesiali protestanti. Ma non credo che la nostra fede cattolica nell’insieme corra questo rischio”. E come la mettiamo con i vescovi tedeschi che chiedono l’accesso alla comunione per il coniuge protestante? “Una conferenza episcopale di un paese deve agire considerando tutta la chiesa nel suo complesso, per arrivare a una soluzione di tutta la chiesa. Si rischia di creare confusione se ciascuno imbocca la propria strada. E’ una questione che riguarda la chiesa universale, quindi serve prudenza”. Come sono cambiate le priorità di quello che era il Sant’Uffizio? “Difendere la fede vuol dire anche che dobbiamo agire usando parole chiarificatrici se c’è, per esempio, qualche teologo che dice qualcosa non del tutto esatta”. Ovviamente, “chiarire con il dialogo”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.