Perché il Papa va da Maometto
Abu Dhabi e Marocco. S’intensifica la “diplomazia pastorale” verso l’islam
Dal 3 al 5 febbraio dell’anno prossimo il Papa si recherà ad Abu Dhabi, negli Emirati arabi uniti. Sarà il primo Pontefice a mettere piede nello stato del Golfo persico. Francesco parteciperà all’Incontro interreligioso internazionale sulla “Fratellanza umana”, ha fatto sapere la Sala stampa vaticana, sottolineando che il dialogo tra religioni rappresenta un cardine dell’agenda del pontificato. Paradossalmente, nel momento in cui il dicastero vaticano preposto a tale scopo è vacante da molti mesi (il cardinale Jean-Louis Tauran, morto all’inizio di luglio, non è stato ancora sostituito), si intensifica la “diplomazia pastorale” del Papa verso la complessa realtà islamica.
Tralasciando i pur importanti viaggi nell’oriente musulmano (Bangladesh), solo nei primi tre mesi del 2019 Bergoglio toccherà prima gli Emirati arabi e poi il Marocco, a marzo. Abu Dhabi sarà la seconda tappa ideale di un trittico iniziato l’anno scorso con il viaggio in Egitto, completando il disgelo con al Azhar dopo le incomprensioni insorte negli ultimi anni della stagione di Benedetto XVI. L’obiettivo è di tessere relazioni il più possibile proficue con il mondo islamico che promuove una visione tollerante del proprio credo religioso. Non una missione semplice, soprattutto se si vuole andare davvero in profondità al problema e non limitarsi alla firma di qualche generica dichiarazione, buona per gli archivi ma che poi, nel concreto, non porta a nulla.
Ma la missione di Francesco negli Emirati sarà fondamentale anche per un altro aspetto: il Papa celebrerà la messa per la piccola comunità cattolica locale. L’emirato da anni favorisce il dialogo, anche se la conversione al cristianesimo è considerato reato d’apostasia punibile con la morte. La presenza del Pontefice, forse, potrebbe inaugurare un nuovo capitolo nella libertà della minoranza cristiana. Consentendole, magari, di potere esibire la croce all’esterno delle chiese.