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“Vietato esibire simboli religiosi in Parlamento”. Riprende la marcia laicista targata Macron

Matteo Matzuzzi

Perfino l'Osservatorio sulla laicità si dice perplesso per la misura persecutoria decisa dal capo dell'Assemblea nazionale, il neomacroniano de Rugy

Roma. Per sei anni, tra il 1945 e il 1951, l'Abbé Pierre, deputato all'Assemblea Nazionale, si presentava in Aula vestendo il proprio abito religioso. Non accadrà più, e non solo perché è difficile immaginare un membro del Clero candidarsi alle elezioni legislative. Il motivo è nella decisione del Bureau della Camera bassa francese, che ha deliberato una nuova normativa allegata al regolamento interno (un regolamento vero e proprio per legge sarebbe stato sottoposto al controllo di costituzionalità) secondo il quale l'abbigliamento “non dovrà diventare un pretesto per la manifestazione di opinioni personali”. Nel dettaglio, si precisa che sarà proibito portare “segni religiosi vistosi, un'uniforme, un logo, messaggi commerciali o slogan di natura politica”. I deputati potranno esprimere le proprie posizioni solo “oralmente”. La misura è stata voluta dal presidente dell'Assemblea nazionale, il macroniano François de Rugy, ex ecologista poi passato nella brigata dell'attuale presidente francese. Durissima la reazione della Conferenza episcopale francese: “I deputati rappresentano il popolo, e il popolo non è laico”, ha detto sul Monde il segretario, mons. Olivier Ribadeau-Dumas. Perfino l'Osservatorio sulla laicità si è mostrato perlesso, notando che “i deputati non sono neutri per definizione”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.