In Cina il Partito discute (in segreto) una legge sulla libertà religiosa

Pasquale Annicchino
Le previsioni sul numero dei cristiani e la bozza di Taipei

Vista da Pechino la ruota non sembra più girare come una volta. I dati sull’andamento dell’economia cinese diffusi di recente hanno infatti lasciato numerosi dubbi tra gli osservatori dei mercati. Il dato relativo alla crescita del pil (più 6,9 per cento per il 2015) è in linea con le aspettative degli analisti, ma pur sempre il più basso degli ultimi venticinque anni. C’è poi chi dubita anche di questo dato chiedendosi come sia possibile per un paese crescere a questi ritmi quando i consumi energetici sono aumentati soltanto dello 0,5 per cento. Ma non c’è solo l’economia nei pensieri del Partito e dei suoi funzionari. Proprio mentre si delineavano questi dati, la mano forte del regime ha picchiato duro contro dissidenti e attivisti per i diritti umani. Il 13 gennaio l’avvocato Wang Yu e suo marito Bao Longjun sono stati arrestati con l’accusa di “sovversione contro lo stato”. Altri sei avvocati, che da tempo difendono attivisti per i diritti umani e religiosi che si oppongono alle politiche del regime, sono stati incarcerati con accuse simili. L’ideologia comunista non riesce più a contenere i fermenti culturali e politici che divampano come focolai incontrollabili rispetto alla capacità di gestione del grande programmatore centrale. La reazione diviene quindi di contenimento, mediante l’approvazione di leggi draconiane (come la recente legge sulla sicurezza nazionale), e di rilancio attraverso l’affiancamento al marxismo-leninismo di una prospettiva nazionalistica mediante “sinicizzazione”.

 

Asianews, la rivista pubblicata dal Pontificio istituto missioni estere, ha ben raccontato con un contributo di Xie Quircan come “il presidente Xi si è alleato con il confucianesimo e la cultura tradizionale cinese, come unici mezzi per mantenere in vita certi valori e punti di riferimento che da decenni i cinesi non vedono nel partito Comunista, un tempo nemico acerrimo di Confucio”. I giovani cinesi aspirano, sempre più, ad avere la possibilità di consumare, si diffondono aspirazioni e stili di vita occidentali, avanza il materialismo e, allo stesso tempo, la necessità di soddisfare bisogni spirituali. Il Partito è dunque schiaffeggiato dalle onde di una modernità che riesce ormai con fatica a controllare. E’ in questo contesto che si inserisce l’irruente avanzata delle religioni nella sfera pubblica cinese. Proprio mentre nella vicina Taiwan si svolgevano le elezioni che hanno consegnato la vittoria alla candidata democratica Tsai Ing-Wen (ora altro grattacapo per Pechino), si è tenuta una riunione di accademici cinesi e taiwanesi che si sono ritrovati a Taipei (per motivi di sicurezza) per discutere delle politiche di Pechino sul tema dei diritti umani e soprattutto della libertà religiosa. I numeri mettono paura, si stima che entro il 2030 il numero di cinesi cristiani potrebbe superare il numero di affiliati al Partito comunista. Si può davvero pensare di tenere tutto sotto controllo con la repressione e mediante la gestione delle associazioni patriottiche fedeli a Pechino? Iniziano a dubitarne anche funzionari e membri del regime. Lo confermano le recenti aperture relative alle nomine dei vescovi cattolici cui ha fatto seguito l’intervista sulla Cina rilasciata ieri da Papa Francesco ad Asia Times.

 

[**Video_box_2**]Alcuni studiosi vicini al Partito, e presenti a Taipei, hanno candidamente ammesso come sia ormai necessario garantire una maggiore libertà ai gruppi e agli individui, altrimenti si rischierà l’implosione. Per questo motivo si lavora segretamente a un testo di legge che possa garantire diritti individuali (seppure minimi) e che contribuisca a rilasciare il controllo ossessivo che funzionari e gerarchia politica continuano a reclamare rispetto alle influenze esterne che sono attribuite a molti gruppi religiosi. Su tutti ovviamente svettano i cattolici visto il loro legame con Roma. Le bozze sono sapientemente custodite e fatte circolare con massima cautela mediante sistemi anti-sorveglianza per eludere il controllo del Partito. Lo stesso Partito che però sembra aprire qualche crepa al suo interno.