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Quando parlate di Consip non pensate a Woodcock ma ai carabinieri del Noe

Massimo Bordin

Il punto della vicenda non è la disinvoltura del magistrato rispetto alle procedure ma il ruolo dei militari. E l'incrocio illegale fra Arma e Servizi

Con ogni probabilità quella di oggi è una rubrica particolarmente sbagliata ma se consentite qui alle faccende del pm Henry John Woodcock nel caso Consip non ci si riesce proprio ad appassionare. Il curriculum e i metodi dell’inquisitore sono noti, così come i suoi ripetuti tentativi di incastrare l’imprenditore Alfredo Romeo. Lo scontro fra il pm e il potente appaltatore ricorda il film “I duellanti”, con Woodcock come Keith Carradine e Romeo come Arvey Keitel o al contrario, se preferite. Fa lo stesso. Una cosa è certa e la sentenza disciplinare del Csm non la contraddice, né avrebbe potuto farlo: non è la disinvoltura di Woodcock rispetto alle procedure, che molti ormai riconoscono come un suo tratto distintivo, a segnare il punto caratterizzante della vicenda Consip ma il ruolo che ha avuto in essa il Noe dei carabinieri. Si può senz’altro obiettare che come polizia giudiziaria Scafarto e colleghi operavano sotto le direttive di Woodcock, e non era nemmeno la prima volta, ma le indagini condotte dalla procura di Roma hanno prodotto prove inoppugnabili che quel nucleo speciale di carabinieri informava anche altri, non magistrati ma ufficiali del servizio segreto. Un incrocio illegale fra Arma e Servizi non nuovo nella nostra storia ma mai passato così sotto silenzio e sicuramente non di competenza del Csm bensì probabilmente del Copasir che, almeno per decenza, potrebbe chiedere al direttore dell’Aise come mai il colonnello De Caprio e una falange di ex suoi sottoposti al Noe siano stati in tutta fretta rispediti dall’Aise a disposizione del comando generale di viale Romania.

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