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La "svista" di Zingaretti che spiega la crisi del Pd

Massimo Bordin

Cancellare il “partito del leader” e ricostruire “una comunità” sembrano propositi incongruenti nel primo giorno di campagna elettorale per le primarie. Ma prendono atto del vero problema 

Nel primo giorno di campagna elettorale per le primarie, Nicola Zingaretti promette di cancellare il “partito del leader” e ricostruire “una comunità”. Suonerebbe bene se non ci fosse una palese incongruenza fra il programma e la sede politica in cui viene esposto per essere possibilmente approvato. Le primarie sono lo strumento col quale si sceglie un leader, non un gruppo dirigente che semmai sarà l’eletto a scegliere e cooptare. Quanto agli elettori, saranno anche i non iscritti a pronunciarsi, dunque l’opposto di una comunità.

  

L’incongruenza però non è una svista di Zingaretti che piuttosto prende atto, senza dirlo, del vero problema: la “comunità” rifiuta il modello di partito fondato al Lingotto. Una crisi di rigetto che lentamente sta portando il Pd all’implosione. Il sogno americano di Veltroni non ha fatto i conti con la cultura di fondo della comunità, identitaria non solo nella sua componente ex comunista, peraltro anagraficamente minoritaria. Anche il sistema elettorale non aiuta. Una vocazione maggioritaria in tempi di proporzionale è come un pesce in bicicletta. Al di là del programma, al di là delle alleanze elettoralmente inevitabili, il vero problema del Pd è squadernato da tempo. E’ difficile però prenderne atto senza smontare uno strumento inservibile. Si smonterà da solo, perdendo i pezzi.

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