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Quale opposizione al governo giallo-verde?

Massimo Bordin

Perché il “fronte repubblicano” proposto da Carlo Calenda e la coalizione di forze autonome con al centro il Pd non sono affatto proposte antitetiche

Mentre la maggioranza stenta ancora a farsi governo, giunti a un’ora tarda del pomeriggio, nell’opposizione, alla vigilia delle manifestazioni di venerdì, si discute quale sia la forma migliore per contrastare la coalizione possibile di leghisti e grillini. C’è un problema politico, interno al Pd e a tutta la sinistra, di cui qui si è parlato ieri. In poche parole, una parte del Pd ancora non si rassegna all’inutilità del dialogo con il M5s, altri puntano a una chiara e frontale contrapposizione. I primi, e non solo loro, guardano con sospetto al “fronte repubblicano” proposto da Carlo Calenda preferendo una coalizione di forze autonome e alleate con al centro Pd. Da un punto di vista elettorale però le due proposte non sono affatto antitetiche.

  

Se si dovesse votare a breve è praticamente impossibile che ci sia tempo per cambiare la legge elettorale. Se invece dovesse esserci più tempo non è comunque probabile che si arrivi a una riforma. Del resto la legge elettorale precedente, unanimemente ritenuta una porcata, è rimasta in vigore per più legislature. Dunque nel sistema misto congegnato dalla legge Rosato il “fronte” va bene per il maggioritario e le liste alleate per il proporzionale. A sottrarsi alla fine saranno pochi e rinunciare a Fassina-Doriot non sarà un gran danno. Piuttosto, la parole “fronte” darebbe al simbolo una patina di virato seppia forse non utile. Se poi si volesse, come qualcuno già fa, proporre un parallelo con le elezioni del 1948, la parola “fronte” sarebbe per la sinistra assolutamente da evitare per motivi scaramantici. Un sinonimo che renda l’idea non dovrebbe essere difficile da trovare.

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