Il tradimento dei curdi

Massimo Bordin

“Tradire i curdi sembra un diritto concesso a tutti, almeno una volta”, scriveva Christopher Hitchens. Ma forse ora stiamo esagerando

Oggi non resta che copiare, anzi è doveroso riprendere un testo messo in rete da Simona Tagliaventi dell’Ansa e condiviso da quasi quarantamila persone. Sotto il testo c’è una foto di ragazze sorridenti, senza velo in testa ma in mimetica e con il mitra a tracolla. Il testo è questo:

 

  

“Non vi ingannino i nostri sorrisi, siamo morte tutte. Ci hanno violentato, ammazzato di botte e sparato. Hanno mutilato i nostri corpi, i nostri genitali, e li hanno filmati ridendo di noi. Eravamo colpevoli perché ribelli, perché donne che imbracciano un fucile. Ma eravamo solo ragazze. Abbiamo patito la fame, ricevuto sguardi di incoraggiamento da chi aveva meno di noi, sorriso, pianto, siamo state terrorizzate, abbiamo pensato di potercela fare nell’indifferenza del mondo che ci ammirava ma non ci ha mai sostenuto. E’ andata a finire come sapevamo, non era una favola la nostra. O forse lo è stata per il tempo di questo scatto.” Le combattenti curde morte ad Afrin, marzo 2018. Che aggiungere? Forse solo una frase scritta dal grande Christopher Hitchens, “Tradire i curdi sembra un diritto concesso a tutti, almeno una volta.” L’impressione è che, da quando Hitchens non c’è più, qualcuno stia esagerando.

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