Immagini del ritrovamento del corpo dell'onorevole Aldo Moro, rinvenuto nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani (LaPresse)

Fanfaluche e complotti

Massimo Bordin

Valerio Morucci ha praticamente abbattuto l'ennesima ipotesi sui mandanti occulti dell'omicidio Moro

“Stiamo fanfalucando non so nemmeno bene su cosa”. A parte la strepitosa invenzione linguistica, nel dare un gerundio alle fanfaluche, antenate delle post-verità, Valerio Morucci ha praticamente abbattuto il tentativo della ennesima commissione Moro di proporre una versione parlamentare delle interpretazioni fantasiosamente complottiste cresciute in quasi quarant’anni sulla vicenda del sequestro e omicidio dello statista democristiano. La sua audizione di fronte alla commissione, tre giorni fa, doveva essere il passaggio decisivo, la consacrazione della vulgata dietrologica che da decenni si applica a negare come un gruppo di studenti e giovani operai e disoccupati sia arrivato, venendo dall’“album di famiglia” del comunismo, a sequestrare e uccidere il leader del partito di maggioranza. Le risultanze processuali che affermano questa verità si basano in gran parte sulle confessioni di Morucci che orgogliosamente rifiutò però di pentirsi e di chiamare in causa i suoi compagni di allora. Ottenere che il testimone chiave di tutta quella vicenda offrisse finalmente il destro per confermare che dietro le Br c’erano i famosi “mandanti occulti”, eterna immagine del complottismo italiano, sarebbe stato il trionfo per l’ennesima, ma a quel punto ultima, commissione parlamentare. Non ci si è arrivati perché il testimone si è sottratto, come suo diritto, all’abiura. Naturalmente Morucci lo ha fatto con lo stile che gli è proprio, quello di chi è stato capo militare di un gruppo di giovani e dissennati ribelli diventati assassini per motivi ideologici. Ma proprio il suo stile da coatto mostra l’indizio di una verità irriducibile ai giochi delle post-verità.

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