(foto LaPresse)

Le due questioni da risolvere nel caso Occhionero

Massimo Bordin

La prima riguarda la brusca sostituzione al vertice della polizia postale

Il fatto che abbia intitolato un dominio “occhionero.info” non depone a favore della tesi di una raffinatissima rete occulta, così come il fatto che abbia acquistato a suo nome alcune licenze presso server Usa. Non per essere minimalista a tutti i costi ma la vicenda dei fratelli Occhionero appare pericolosamente in bilico fra gli scenari della cyber war e le sceneggiature dei Vanzina e finora pencola verso il secondo versante. Anche la rete di relazioni appare più che mai virtuale. Certo ci sono diciottomila username catalogati in 122 categorie ma in concreto, si fa per dire, non si va oltre la presenza a qualche aperitivo nel roof dell’hotel Eden e a contatti con una non meglio precisata “alta finanza romana”, uno dei tanti ossimori che capita di leggere. Dati certi appaiono i contatti con la massoneria laziale e la vendita di un villino di famiglia a Santa Marinella, che non è Montecarlo. Quanto all’indagine, filiazione di una inchiesta del pm Woodcock, vedremo. Ci sono però due questioni serie che prima si chiariscono e meglio è. La prima riguarda la brusca sostituzione al vertice della polizia postale. L’unica spiegazione poteva risiedere nel fatto che i vertici del Viminale non fossero stati messi al corrente della violazione in atto di siti altamente sensibili come i vertici di Palazzo Chigi e della Banca d’Italia. Dall’ordinanza dei magistrati non appare però che l’attacco telematico a Renzi, pur tentato, sia riuscito. La seconda questione riguarda le polemiche sulla nomina ventilata di Marco Carrai alla cyber sicurezza. A Palazzo Chigi sapevano qualcosa?

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